“Impugnate strumenti musicali e non pistole”: queste le parole pronunciate dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris all’indomani dell’ennesimo agguato di camorra consumato nel centro storico di Napoli.
L’esternazione ha suscitato notevoli polemiche in città e non solo negli ambienti politici : forse infatti il primo cittadino non che globe trotter della domenica de Magistris ignora lo stato di degrado in cui versa l’intera periferia e gran parte del centro di Napoli, il tasso di inoccupazione, l’evasione scolastica in età dell’obbligo e quel che è peggio l’assenza delle istituzioni con particolare riferimento ai servizi sociali per pronunciare parole tanto retoriche quanto vane. Con la pancia “vuota” e senza avvenire risulta veramente difficile per i giovani figli di Napoli intonare O sole mio accompagnandosi magari con la chitarra o il mandolino.
La città è implosa sotto il peso di carenze endemiche e inefficienze gestionali storiche : ancora una volta denunce lanciate dalle pagine del giornale mesi addietro in relazione allo stato di fatiscenza di luoghi simbolo di Napoli come Piazza Garibaldi sono state oggi riprese “fedelmente” da altre testate evidenziando come determinati allarmi siano tutt’altro che infondati. Napoli divisa ormai irreversibilmente in ricchi e poveri, in chi può e chi non può, eternamente afflitta dalla mala fede di politici corrotti che per decenni hanno esclusivamente perseguito i propri meschini interessi a discapito del benessere comunitario. Rifletta allora prima di parlare il primo cittadino de Magistris e pensi a calarsi maggiormente in realtà sociali che forse nemmeno conosce invece di preoccuparsi di creare slogan d’effetto per le ormai prossime amministrative locali. Non si può morire per strada a vent’anni così, non si può accettare passivamente lo strapotere della camorra voltandosi dall’altra parte nell’errata convinzione che certe barbarie non ci appartengano ne ci tocchino.
In sintesi: tuteliamo l’azzurro della capitale del mediterraneo cancellando il rosso del sangue versato in conflitti mafiosi che da troppo tempo macchiano l’immagine e la dignità di questi luoghi.
Alfonso Maria Liguori