Agerola, racket della legna. Il teste chiave: “Fu una normale discussione”

tribunale Torre Annunziata 2

“Fu una normale discussione”, nessun racket della legna per le pizzerie. E’ questa la versione che C. S. ha fornito questa mattina presso il Tribunale di Torre Annunziata nel corso della nuova udienza dibattimentale del processo che vede alla sbarra, imputati per illecita concorrenza con minaccia, alcuni membri della famiglia Gentile di Agerola, considerata dalle autorità un ramo della cosca camorristica Di Martino-Afeltra.

Eppure C. S.. originario di Cerignola, in provincia di Foggia, commerciante di legna di ulivo, è un testimone chiave nel procedimento scaturito dall’operazione “Monti Lattari 3” condotta dai carabinieri della compagnia di Castellammare e dai militari della stazione di Agerola, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli.

In manette, nel 2014, finirono cinque persone e i fatti ruotano intorno alla denuncia che C. S. presentò ai carabinieri: un esposto poi ritirato.

In attesa della prossima udienza che si terrà il 20 gennaio prossimo, la Corte (presieduta dal giudice Concetta Criscuolo), riunitasi nell’aula “Giancarlo Siani”, ha ascoltato la versione di C. S.. Presenti in aula gli imputati Giuseppe, Nicola, Vincenzo e Giovanni Gentile, difesi dagli avvocati Ettore Rogazzini e Francesco Attanasio.

Nella scorsa udienza di dicembre C.S. non si era presentato: i giudici disposero quindi l’accompagnamento coatto fissando l’udienza al 13 gennaio. C.S. è arrivato questa mattina con più di un’ora di ritardo rispetto all’inizio del processo, costringendo i giudici ad effettuare un rinvio ad horas.

C.S. è ritenuto essere la vittima del fatto oggetto del reato di “illecita concorrenza con minaccia”. Un anno e mezzo fa, nel corso dei suoi normali spostamenti in giro anche per l’Italia per procacciarsi clienti, decise di recarsi fino ad Agerola dove, subito dopo il traforo, fu fermato da alcuni soggetti che lo minacciarono affermando che lì non avrebbe dovuto più vendere la legna e che non doveva più farsi vedere.

C.S tuttavia si ripresentò una seconda volta, dieci giorni dopo: il suo camion fu fermato da due autovetture da cui scesero diversi uomini che lo costrinsero con la forza ad uscire dal camion e provocandogli diverse ferite sul corpo, cercando di farlo entrare nel cofano di una delle auto. L’azione violenta fu fermata da una volante dei carabinieri che passava lì per caso.

C.S. decise quindi, su consiglio dei carabinieri, di sporgere denuncia. Tutto questo è stato messo a verbale dai carabinieri ma cinque giorni dopo, C.S. si recò presso i carabinieri di Cerignola per effettuare la dimissione della querela.

Interrogato oggi dal pm Sergio Ferrigno, il testimone ha ritrattato tutto quello dichiarato ai carabinieri di Agerola affermando che quella avuta con i Gentile fu una normale discussione dovuta a “gelosie di mestiere” e che il fatto è stato ingigantito da i carabinieri. Il pm ha dunque chiesto la procedura prevista dall’art 500 comma 4 del c.p.p: “Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate”. Prevedendo quindi che ai fini del processo faccia fede la dichiarazione rilasciata dal C.S. ai carabinieri di Agerola e non le nuove dichiarazioni.

I difensori hanno contestato tale richiesta del pm, adducendo il fatto che mancano “elementi concreti” per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza o minaccia.

La Corte comunicherà la decisione sull’istanza nel corso della prossima udienza che si svolgerà il prossimo 20 gennaio. L’intero processo dipende da tale decisione con il rischio che cada impianto accusatorio.

Presenti in aula questa mattina anche diversi studenti di un istituto superiore di Castellammare, che hanno seguito con interesse il dibattimento nell’ambito di un progetto del presidio area stabiese di Libera “Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”.

Carmine Iovine

Francesco Ferrigno

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