Istituto Leopardi di Torre Annunziata, Pasquale Basso: “Cicero pro domo sua”

leopardiLa storica scuola di Torre Annunziata, l’ex primo Circolo Didattico, oggi I.C. “Giacomo Leopardi” è da qualche settimana al centro dell’attenzione dei social network, principalmente, e dei media locali, sia per l’apertura al territorio con gli Open Day partiti qualche settimana fa, che per alcune parole riportate proprio sui social riguardo la gestione dell’istituto del “Carminiello” negli ultimi anni. Sulle pagine del nostro giornale abbiamo pubblicato, solo qualche giorno fa, le parole di una ex docente che ha voluto chiarire e precisare alcuni passaggi riportati dai media. Oggi a scriverci è l’ex preside della scuola di via Cavour, dirigente per quattro lustri e sino al 2014, che si è detto “non sorpreso, magari deluso”.

Di seguito il testo della lettera del prof. Pasquale Basso:

Egregio Direttore del “Gazzettino”,

chiedo ospitalità e spazio sul tuo giornale animato dalle più buone intenzioni, non tanto per alimentare il fuoco della polemica sollevata da alcune dichiarazioni di un certo sig. Sparavigna, che personalmente non ho mai conosciuto e che, durante i vent’anni della mia gestione dell’ex 1° Circolo Didattico “G. Leopardi”, non ho mai visto nella “scuola di Gionta” (perché scuola di “frontiera”), nel “quartiere di Gionta” (perché quartiere di “frontiera”), nella “città di Gionta” (perché città di “frontiera”), ma soltanto per pacificare i cuori di chi si è sentito offeso dai giudizi spiccioli e superficiali di avventizi della penna e della carta stampata, che non rendono giustizia alla verità dei fatti della cronaca e della storia. Mi preme piuttosto ristabilire alcune semplici verità per rinfrescare la memoria a chi ha la “memoria corta” che la “gestione allegra” di alcuni dirigenti (mi sento chiamato in causa) ha reso visibile, perché ha rifondato ex novo, ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti. Fin dal 1994, anno del mio arrivo a Torre Annunziata, dove ho operato volontariamente e coscientemente fino all’anno 2014 pur potendo optare, se l’avessi voluto, per altre più appetitose occasioni professionali, mediante un’azione quotidiana lenta, caparbia, progressiva e costante, avulsa, come per mio costume, da ogni forma di tacita collusione (purtroppo tipica dei professionisti della penna locali, salvando naturalmente la pace del povero Siani), ho contribuito in maniera determinante alla trasformazione di quella “scuola di frontiera” in una scuola degna di essere denominata scuola, degna di una città civile, degna di un paese civile, rispettosa dei diritti delle persone (alunni, genitori, operatori), tesa all’affermazione della legalità in un contesto in cui l’illegalità è più densa dell’aria che si respira.

Basso
Pasquale Basso

Purtroppo mi sento chiamato a questo compito, a questa difesa d’ufficio, a rompere il silenzio che mi ero imposto lasciando il mio incarico a seguito del collocamento a riposo, perché trascinato per i capelli, dal momento che non avrei dovuto essere io a farlo (“Cicero pro domo sua”). Ciò – lo confesso – mi genera imbarazzo oltre che amarezza e rammarico e, tuttavia, “si fa di necessità virtù”. Credo, infatti, che avrebbero dovuto opporsi ad ogni tentativo di denigrazione del mio operato coloro che hanno vissuto da protagonisti una stagione di grande impegno civile e di frenetica attività educativa nella quale “la scuola del Carminiello” è stata l’unico baluardo delle istituzioni civili e dello Stato in un territorio in cui le istituzioni civili e lo Stato avevano abdicato a vantaggio dell’anarchia e dell’arbitrio; nella quale l’ex 1° Circolo “G. Leopardi”  è stato, probabilmente, l’unica speranza di riscatto per i residenti del quartiere relegati, loro malgrado, a “Torre Sud”, ai margini della vita della comunità cittadina. Proprio lì, “a Torre Sud”, circondato dalla tristezza e dalla fatiscenza delle strade e delle case, ignaro dell’abbandono imperante ad ogni angolo e ad ogni cantone, ho ritenuto possibile, non illusoriamente e animato da un sano ottimismo pedagogico, ricreare il senso di una comunità educante capace di travalicare il perimetro del recinto della scuola, capace di penetrare in profondità nella coscienza della gente, per restituire a quella stessa gente voce, giustizia e dignità. A modo mio, nel mio piccolo, mai ossessionato da deliri di onnipotenza, schivo da ogni forma di pubblica ostentazione, preso dalla sostanza piuttosto che dall’apparenza delle cose, credo di esserci riuscito, pur sapendo di avere lasciato incompiuto il mio lavoro, come di regola per coloro che svolgono il servizio educativo; tuttavia con l’auspicio segreto e concreto che qualcun altro l’avrebbe continuato, pur alla luce delle naturali evoluzioni degli eventi e delle riforme ordinamentali.

Ma non sono sorpreso, magari deluso, sì! Non mi ha sorpreso il silenzio di coloro che con altrettanto orgoglio avrebbero dovuto difendere il loro stesso operato, ma non l’hanno fatto per compiacere “il potentino di turno”, il “don Rodrigo” dell’ultima ora (alcuni anni or sono, in una trasmissione di Porta a Porta, la dottoressa  Matrone pronunciò parole per me estremamente offensive definendo il mondo della scuola come “il regno della codardia”). Purtroppo è triste ammetterlo, ma è così. E tuttavia compatisco e comprendo le piccole miserie dell’animo umano; intendo l’animo di coloro che pur di vivere in pace rinunciano al privilegio della parola franca e della libertà personale di opinione e di espressione.

Ma non mi voglio dilungare. Piuttosto lascio a coloro che hanno ereditato il frutto del mio lavoro il compito di testimoniare di aver trovato una scuola attrezzata, ricca di risorse e di attrezzature, che nel corso degli anni hanno prodotto risultati notevoli nell’opera di formazione dei bambini del territorio. Cito, ma soltanto ad esempio, la scuola come Test Center dell’AICA, mediante il quale, in tempi non lontani e mediante un laboratorio di informatica funzionante tutti i giorni per oltre 10 ore al giorno, aperto all’interno ed all’esterno, è stato conseguito un notevolissimo numero di certificazioni a bassissimo costo, molte delle quali dai bambini di quinta primaria; cito le certificazioni Trinity College per la lingua inglese; cito il CTP per l’EdA per l’educazione ricorrente e permanente, mediante il quale è stata condotta una lotta serrata all’analfabetismo; cito la scuola in Ospedale a sostegno dei piccoli degenti dell’ospedale locale; cito i numerosissimi premi di livello nazionale ottenuti dalla scuola; cito una miriade di progetti, interni ed esterni, il cui elenco sarebbe impossibile; cito l’attenzione continua rivolta alla formazione del personale; cito una quantità notevolissima di risorse economiche e finanziare (FSE; FESR; CIPE; MIUR) per migliorare l’offerta formativa; ricordo che dall’anno scolastico 1997/98 la scuola è stata al servizio del territorio per circa 12 ore al giorno (8.00-20.00); rivendico che se ogni buon torrese avesse fatto per Torre Annunziata ciò che io ho fatto da non torrese, Torre Annunziata potrebbe competere con le città più progredite del Paese (ma ho fatto soltanto il mio dovere).

Colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente la professoressa Valeria Cortese, mia amica e collaboratrice leale e preziosa, entrambi lontani da circa due anni per i percorsi imperscrutabili della vita, che nella sua lettera al “Gazzettino” ha voluto evocare “quel profumo di casa” fatto di sorrisi e di strette di mano, che ancora reca l’immagine di un’esperienza lavorativa al cui centro, innanzitutto, avevamo posto la dignità delle persone, convinti di un umanesimo possibile e attuabile, consapevoli che il rispetto dell’altro è avulso dalle posizioni gerarchiche, altrettanto convinti che il riconoscimento dell’umanità altrui, ovvero di ciò che ci accomuna in un unico destino, non può essere miseramente negoziato sul terreno di una merce di scambio a vantaggio di chi comanda e a svantaggio di chi è subalterno, certi, soprattutto, che l’appello al senso di responsabilità personale produce più risultati di qualsiasi disposizione di servizio. Ma ora mi viene un dubbio. Sarà questa “l’allegra gestione di qualche dirigente” a cui alludeva Sparavigna? A lui rispondo con una massima di E. Kant: “La legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me”.

Alla esimia Collega, Dirigente Titti Cimmino, rivolgo gli auguri sinceri di un lavoro proficuo, altrettanto ricco e prezioso sul piano professionale, ma, ancor più, sul piano dell’umana esperienza, l’unica che ci lascia qualcosa che abbia valore quando il naturale corso della vita ci spoglia e ci priva dei nostri ruoli sociali.

Un ringraziamento al Direttore del “Gazzettino”, l’amico Gennaro Cirillo!

Pasquale Basso

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