Castellammare, dopo 20 anni il processo al clan D’Alessandro

dia clanRiparte il processo dopo 15 anni e per giudicare reati commessi 20 anni fa tra i più svariati: estorsioni, armi e droga per conto del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia sono le accuse nei confronti di una quindicina di imputati, che dal prossimo giugno affronteranno da capo il processo, così riporta Il Mattino.
Era il 1999 quando l’operazione “Sigfrido” portò a decine di arresti per reati vari. Castellammare arrivava da una lunga faida di camorra, che aveva lasciato sull’asfalto decine di vittime. Una famiglia che dagli anni Settanta opera sul territorio locale e che non si è mai focalizzata solo sull’area locale; nel 2013 la direzione distrettuale antimafia di Napoli tracciava un quadro delle ramificazioni del controllo sulla riviera adriatica, da Ravenna a Rimini fino a Ancona. Gli affari illegali risultavano legati non solo alla droga che arrivava al porto di Ravenna, ma anche a night club, ristoranti, bar e negozi. Un clan che ha intessuto negli anni alleanze con i Cutolo, i Bardellino e i Nuvoletta e che oggi, nel 2016, fa ancora parlare di sé.

 
A pochi dalla apertura del processo contro il clan si sottolinea che nel gruppo di Luigi D’Alessandro junior (secondogenito del defunto boss Michele) c’era una squadra di “professionisti” del malaffare. Tra questi, secondo la Dda, uomini del calibro di Raffaele Di Somma, ‘o ninnillo, oppure Ugo Lucchese, Carmine “meniello” Caruso, uno a cui è stata anche confiscata una casa comprata con i soldi dei D’Alessandro.

Per tutti loro, dopo l’annullamento in Cassazione, è ripartito il processo, 15 anni dopo la conclusione ma i reati di cui si tratterà sui banchi del Tribunale, hanno 20 anni. Ed è ripreso dal primo grado di giudizio, con rito ordinario dinanzi al tribunale di Torre Annunziata che a giugno unirà due procedimenti gemelli, come chiesto dal pubblico ministero Claudio Siragusa. I fatti contestati risalgono al periodo 1996-1998. Intanto, molti degli imputati hanno già scontato altre pene, sono liberi da anni oppure stanno tornando poco alla volta in libertà. E nel quartiere collinare Scanzano o al Centro Antico adesso il malaffare è in mano alle seconde e alle terze generazioni di alcune di quelle famiglie.

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