Negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa sulla scena musicale un gruppo sardo, i VADE, ancora in embrione seppure stilisticamente innovativo, al punto tale da aver apportato un approccio musicale differente, originalissimo, eclettico e colto al panorama del Paese “ove il bel sì sona”. Complesso composto da quattro elementi: due chitarristi, un bassista e un batterista, i VADE si esibiscono in anonimato indossando delle maschere in ossequio alla tradizione del teatro greco classico da un lato, dall’altro dando, come gli aedi, i bardi ed i cantori itineranti, che celavano la loro identità per fornire un’aura di misticismo ed eternità ai versi proclamati., portandoli ad una permeante identificazione con la musica che eseguono.
La strada che hanno intrapreso si colloca in un progetto ambizioso e fin d’ora raggiunto con eccellenti risultati, coniugare musica rock,teatro e mitologia classica. L’idea alla base del gruppo è che, come da loro stessi affermato, “la musica rock, con la sua asprezza e intensità, possa prestarsi idealmente a narrare le storie della mitologia classica, per loro natura ricche di emozioni e pathos. Il tutto calato nella dimensione del Teatro allo scopo di ridare alla musica centralità, liberandola da una funzione di mero intrattenimento, e riconsegnandola al suo ruolo di strumento di narrazione”.
Il loro perfetto connubio tra classicità e sonorità rockeggianti, mista alla recitazione, alla prosa, e a versi di alto impatto lirico, non disgiunti da un periodare talora onirico e rilassante come quello dei cantori accompagnati dalla lira, li colloca in una sorta di stile nuovissimo, il “rock neolirico”, basato sul principio che tutti e tre gli elementi di un brano musicale, ritmo, armonia e melodia, debbano essere enfatizzati e valorizzati in egual misura. A ciò si accompagna la costante ricerca della maggiore intensità interpretativa possibile, per giungere al fruitore coinvolgendolo emotivamente ed intrattenendolo, passando sapientemente dal lirismo alladurezza espressiva. Frequente utilizzo del tempo in ¾, che ben si presta agli scopi artistici dei VADE.
Questa bipolarità crea una armonia di secondo livello, ove le parole, il recitato o gli spazi strumentali mai lasciano l’ascoltatore smarrito e perplesso, anzi la parola si coniuga con la musica ed a seconda delle vicende narrate pone in essereuna coincidentiaoppositorum, una sintesi dialettica dei contrari, del tutto tipica della Grecità, con particolare riguardo al dramma, alla tragedia, secondo la brillante intuizione nietzschiana. Dalla scintilla tra la lieve melodia armonica, perfettissima e razionale e quella rockeggiante, orgiastica, dionisiaca, figlia delle ebbrezza e del suono martellante, ripetitivo ed aspro nasce un capolavoro che ingloba il sentimento umano e rende partecipe lo spettatore dei proteiformi aspetti e della multiforme complessità del suo essere.
I VADE hanno fino ad oracomposto ed interpretato due opere rock-liriche: “Achille”, basato sul racconto dell’infanzia del celebre eroe, e “Iliade”, ispirata al poema omerico e che, comunque, vede il piè veloce, figlio di Peleo, come protagonista indiscusso. Entrambe le opere si compongono di canzoni, recitati e proiezioni video.
L’operazione posta in essere dal gruppo analizza il semidio, l’eroe Achille, non certo come un essere superiore che ha piena padronanza di sé, figlio della provvidenza, della necessità e del bisogno, ma rifacendosi all’opera omerica, a quella delle Argonauti, nonché alle Achilleide di Publio PapinioStazio, presentano un eroe dall’ animo scosso dall’angoscia ed ad un tempo irato, permaloso, innamorato, incline al piacere ed al desiderio, poco avvezzo ad adempiere i suoi doveri, capriccioso, ma nel momento della battaglia insaziabile, terribile, solenne, spietato. Insomma anch’egli sottomesso allaanánke. Eroe che domina la Natura ed ad essa è tuttavia soggiogata, senza però dimettersi alla volontà aliena.
E questo racconto mitologico, perfettamente bilanciato, trova connessioni stringenti con l’epoca Greca, col teatro diffusissimo nella Magna Grecia, e quindi interamente permeato nella cultura del Mezzogiorno italiano, ma allo stesso tempo fluente nel sangue sardo, nella religiosità nuragica, nello spirito belligerante dei Fenici testimoniato dalla celeberrima “Stele di Nora”, nonché nella evidente connessione tra cultura sarda e cultura micenea e minoica. Il mito è caro al popolo dell’isola ad occidente della penisola. Attinge all’inconscio della persona e lo porta ad una riflessione che lo trascende, a porlo in una dimensione ritmica di tal fatta, sottolineando l’intensità del verbo, il pathos degli attimi con audaci recitazioni, proiezioni, asperità sonore belligeranti e lieve candore musicale del cantar nostalgico o d’amore, intervallato da altissimi momenti di estasi strumentale, rende conscio l’essere umano del suo stesso più autentico. È un comporre all’avanguardia, non un ritorno al passato ma un restare nella circolare staticità del tempo, delle mode e dei costumi aprendo uno spiraglio a quella che è la nostra epoca cibernetica. E’un po’ come il gothic metal germanico e soprattutto scandinavo, che riprende i miti nordici e li narra in una ambientazione musicale possente, raddolcita solo dal lieve canto delle voci femminili dei gruppi, che a guisa di sirene partenopee, anch’esse di omerica memoria, rendono lezioso il ricordo, tra il frastuono perfetto e godereccio stendono una angelica leziosità edenica che, seppur maledetta, è irresistibile alla ragione.
Il mito di Achille rispecchia, tra l’altro, gli adolescenti dei nostri giorni, la loro alterità umorale, il loro capriccio, i loro amori, le loro vendette e spietatezze, ma da un lato opposto è anche emblema del valore, della cavalleria, dell’eroicità pura, come quando mosso a compassione restituisce il corpo del nemico Ettore allo sconsolato padre di questi, Priamo, a che gli sia data una onorevole e sacrale sepoltura. Così come il valore dell’amicizia, del pianto per il defunto amico e compagno Patroclo. Un esempio di come il capriccio per una concubina, Briseide, l’orgoglio e la vendetta di ritirarsi dalla guerra per veder sconfitti i suoi alleati Achei, è sempre vinta da una pietas e da una humanitas che trascendono il vizio, una virtù non bigotta ma che è imprescindibile, insita nell’anima di un eroe, per quanto spietato, che tra l’altro, per onore, sceglie una vita breve ma gloriosa ad una lunga ma nell’anonimato.
L’opera “Achille” narra della giovinezza del condottiero, sino alla sua obbligata partecipazione alla guerra di Troia. Composta di dieci brani, preceduti da recitati, per una durata complessiva di cinquanta minuti. Si parte con “La Danza della Giovinezza”, in cui troviamo un Achille spensierato, allegro, che guarda alla madre, la divina Teti, e non sa chi sia “se uomo o altro”, e la “brezza del mare lo desta […]e qualcosa lo chiama a sé”, nell’intuizione che il suo destino è quello di “più vasta orma stampar” nel mondo e nella storia. Si passa poi all’educazione, in “Per Gioco Fingere Che”, in cui è soggetto agli insegnamenti duri del maestro Chirone, pure affettuoso con lui e che, come guardando in sogno l’orizzonte, anche se sa che la sua vita non sarà lunga, sogna che “un eroe mai morirà”, come nella successiva “Non Aver Paura”, ove il maestro Chirone gli insegna a non retrocedere, e lui lo fa, “tra corse senza fine e lotte laide/è stanco ma non cederà”, tuttavia pur dicendogli non aver paura, negli esercizi, Achille impara ad aver paura, il suo sé divino è costantemente, seppur come una eco lontana, miscelato al suo essere uomo.
In “Guerra” sente il richiamo delle armi, e pur essendo eroe fugge, da lontano ode il frastuono di armi, e seppure è obbligato a partire, anche qui il suo essere umano lo spinge a fuggire, nascondersi, rifugiarsi su “L’isola”, ove sembra ritornare alla fanciullezza, alla danza d’overture, in cui resta estasiato dalla brezza, dalla freschezza, dai colori della arena e dei sassi, dall’odore della spuma marina. E trova anche un amore, Deidamia, con cui sembra rinascere, rivivere, e un po’ ribelle contro il Fato e la società che lo spinge alla guerra, un po’ romantico afferma ” C’è chi ci renderà schiavi della realtà”, e lui, in cuor suo, vuole restare nell’idilliaco mondo del piacere, della poesia, dell’amore, della contemplazione.
Guerriero che si ribella al suo essere per vivere felice, quasi come a godersi quell’istante di vita che sarebbe potuto essere eterno, lunghissimo, ma che è solo un istante, e perciò va vissuto, nell’illusione. Negli ultimi pezzi, ingannato da Ulisse, viene scoperto perché, posto tra la scelta di differenti doni, non sa resistere alle armi. È la sua presa di consapevolezza, il suo essere più autentico che emerge, il suo Fato che si impone per quanto il libero arbitrio resista. È il momento della maturità, dovrà abbandonare i piaceri, l’isola, la contemplazione, l’amore, per adempiere al proprio, immutabile, destino filato dalle Parche.
La seconda opera, Iliade,è un’Opera Rock teatrale ispirata al celebre poema omerico. E’ un atto unico della durata di cinquantatré minuti che si compone di nove brani e altrettanti testi recitati; il libretto è sottotitolato a cura dell’Associazione Internazionale onA.I.R. per una sua più agevole comprensione e per una sua accessibilità ai non udenti.La trama narra le vicende dell’ira di Achille e dei fatti che lo porteranno a uccidere il condottiero Troiano Ettore. Elemento centrale di “Iliade” è la figura di Achille ed il suo conflitto con il capo degli Achei Agamennone.
La storia è nota, siamo al decimo anno di guerra e Achille litiga per questioni di donne con Agamennone, suo comandante e comandante in capo dei Re Achei, avendogli questi sottratto la sua concubina Briseide.Achille chiede l’intervento di Teti, la madre divina, che intercede con Zeus, il quale appare in sonno ad Agamennone invitandolo ad una serrata battaglia, cui però non partecipa Achille, ingenerando immani lutti tra le fila Greche. Patroclo, amico e compagno dell’eroe, prende la sua armatura, spacciandosi per Achille, a mo’ di deterrente e di spauracchio per i Troiani. Tuttavia viene ucciso e Achille, adirato, si scaglia contro Ettore, lo uccide, ne umilia il corpo trascinandolo rovinosamente attorno alle mura di Troia, ma poi, mosso a compassione, lo rende al padre Priamo a che gli sia data una sepoltura onorevole e sacra.
Musicalmente “Iliade” si caratterizza per un approccio aspro, delle volte violento, nel quale la durezza dei canoni musicali rock rimarca la drammaticità dei fatti narrati. L’esecuzione, tesa e delle volte portata allo spasimo, è basata su un approccio ritmico serrato e incessante, che rispecchia a pieno il palpitio bellico e le atmosfere forti della guerra, nonché del dramma vissuto dal Pelide Achille.
Giovanni Di Rubba