È finita un’epoca a Boscoreale. Da domenica 29 maggio, dopo quasi un secolo di prime pagine, ha chiuso, in Piazza Pace, la storica edicola «Federico» che dalla prima metà del secolo scorso teneva “sott’occhio” il Municipio di Boscoreale e i suoi frequentatori: consiglieri, sindaci, assessori o gente comune, che fosse. La signora Concetta, figlia d’arte (il padre, Vincenzo, con la moglie, ha mandato avanti l’esercizio per quasi mezzo secolo) si era stancata. Troppe levatacce.
Tanti, gli impegni tra resi e conti, tra quotidiani e riviste. Solo una settimana di vacanza all’anno. Poi di nuovo a spacchettare e a impacchettare. Eppure le sono venute le lacrime agli occhi raccontando che ha dovuto lasciare perché i figli che fanno «un altro mestiere non hanno mostrato alcuna voglia di seguire quell’impegno». La sua famiglia aveva rilevato la rivendita dallo zio Orazio quasi mezzo secolo fa.
Una stanza, posta un poco sotto il livello stradale (bisognava scendere un gradino per accedervi), un bancone di legno come espositore e una cristalliera dietro al quale il vecchio proprietario nei momenti di pausa giocava a carte con il medico condotto e alcuni amici d’infanzia.
I quotidiani, quelli che riportavano le notizie importanti venivano “appesi” con le mollette a due cordini legati a puntine inchiodate ai lati della vetrina d’ingresso. Fu così che una mattina di tanti anni fa, l’undici aprile del 1960, un lunedì, i lettori mattinieri seppero che a Boscoreale, Vincenzo Formicola, ferroviere, aveva vinto, con l’unico tredici fatto alla Sisal, ben centossessanta milioni seicentoventiduemila trecentoventitré lire. E fu così per tante altre notizie. Belle o brutte.
Don Vincenzo le sottolineava con un pennarello rosso e esponeva i giornali che le riportavano. Fu così che spesso venivano vendute le figurine con gli eroi del cinema: i “ritrattielli” con Tarzan, Cita, Lex Barker; fu così per i fumetti di Capitan Miki, Grande Blek, Kinowa; altra cosa per i quaderni e per le penne con pennini cavallotti o “suricilli” che erano conservati dietro il bancone. Da lunedì 30 maggio più niente.
Quell’edicola che spesso è stata punto d’incontro per “scrittori”, aspiranti giornalisti, apprendisti cronisti di belle speranze e politici navigati o meno, non c’è più. La vetrina è chiusa. La porta, sbarrata. Chi vorrà, potrà ancora acquistare il quotidiano preferito facendo pochi metri: all’interno del vicino bar «Divas Cafè», che ha rilevato la licenza di vendita. Ma, forse, non è la stessa cosa. L’edicola aveva il profumo della carta, del piombo, della “notizia”.
Nel bar c’è il profumo di caffè, dei cornetti caldi. E tuttavia, anche se “l’odore” del giornale è un’altra cosa non è detto che le due “fragranze” non si possano fondere e dare nuova linfa alla lettura di un giornale mentre si sorseggia e gusta un ottimo e napoletanissimo caffè.
Carlo Avvisati