La camorra controllava pulizia e manutenzione all’interno del nosocomio Santobono di Napoli: nel mirino della magistratura sono finiti manager, pubblici funzionari e imprenditori accusati a vari titolo di concorso in corruzione. Decisive per l’inchiesta le rivelazioni delle gole profonde della camorra.
Come avevamo anticipato tempo addietro i pentiti sarebbero passati ad accusare i cosiddetti colletti bianchi del crimine organizzato. Un vero e proprio terremoto in città che ha evidenziato il marciume in tutti i settori pubblici e l’illegalità che sovrana regna persino in strutture ospedaliere pediatriche come il Santobono. Tra i nomi eccellenti individuati dalla Procura e attualmente sotto indagine la docente del II Policlinico Maria Triassi: a suo carico l’ipotesi di turbativa d’asta per aver introdotto nella commissione aggiudicatrice di alcuni appalti del Santobono un suo fiduciario.
A rappresentare il potere camorristico in questa sporca vicenda il clan Lo Russo (attualmente in fuga il boss e reggente Vincenzo , alias “o capitone”). Una vergogna senza fine, l’annientamento delle speranze di riscatto di chi quotidianamente si trova a commentare inchieste e arresti in ambienti istituzionali senza che però poi nulla muti alla fonte. Solo i pentiti, ovvero gli stessi ex camorristi, rendono possibili le operazioni di bonifica della magistratura: tale dato sottolinea il consolidamento di un andazzo che dura ormai da decenni tra appalti truccati, corruzione e collusione.
Adesso si spiega come impiegati pubblici riescano a mantenere tenori di vita ben superiori alle proprie entrate regolari e come ci si sia talmente abituati a certi fenomeni da canzonare chi da persona onesta ne ignora la ramificazione nella cosiddetta società civile.
Allo scrivente anni addietro durante un colloquio con un noto quotidiano fu esplicitamente detto: “Non scrive male ma da noi ci vuole lo sponsor: lei a chi appartiene?”. Da quel momento la scelta di scrivere la verità non per passare per santi che non si è ma solo nel tentativo di salvare il salvabile in un contesto sociale dove si fatica realmente a distinguere il lecito dall’illecito. Per un giovane che si fa strada con le proprie forze migliaia si occupano acquistando il lavoro: così era, così è e purtroppo se le cose non cambiano così sarà.
In questa sorta di “si salvi chi può” chiunque guiderà da sindaco Napoli dovrà fare tabula rasa in molti ambienti pubblici per rendersi quanto meno credibile agli occhi degli onesti partenopei. Francamente nutriamo molti dubbi sull’adozione futura di tale comportamento da parte di chi dovrebbe accorgersi dell’esasperazione e della giusta rabbia di chi subisce da sempre camorra e mal governo senza avere avuto mai la possibilità concreta di cambiare le cose.
Alfonso Maria Liguori