Parla il pentito di camorra Emanuele Ferrara ed inequivocabilmente da concretezza ad un’ipotesi investigativa divenuta ormai certezza: nella mala partenopea “Secondigliano regna”.
Dalla vendita all’ingrosso di stupefacenti e armi ai clan sparsi sul territorio al prestito di gruppi di fuoco per compiere raid mortali nelle varie faide che hanno visto come teatro il centro storico della città il sistema di Secondigliano rappresenterebbe ad oggi la cupola della camorra napoletana.
Un esercito di affiliati, fiancheggiatori e simpatizzanti insospettabili al soldo degli scissionisti di Secondigliano Amato-Pagano e dei Di Lauro con il ras Marco ancora latitante (secondo alcune indiscrezioni il rampollo di Ciruzzo o‘ milionario non avrebbe mai lasciato Secondigliano).
Chiare le dichiarazioni fatte ai giudici da Ferrara: enormi gli introiti provenienti dal traffico di stupefacenti che sarebbe unilateralmente gestito a monte dalla cupola di Secondigliano. Ferrara puntualizza inoltre il ruolo apicale nella mala partenopea di Carlo Lo Russo, ras del’omonimo clan di Miano e attuale collaboratore di giustizia, carismatico e spietato Lo Russo si sarebbe da sempre avvalso della collaborazione di insospettabili professionisti della Napoli bene. Non è un caso che gli stessi giudici abbiano più volte esortato il pentito Lo Russo a fare i nomi dei cosiddetti colletti bianchi, ovvero dei massoni, professionisti, imprenditori presta nome e politici corrotti che negli anni hanno consentito alla camorra di impossessarsi del territorio insinuandosi come metastasi nell’humus della comunità.
Secondo le rivelazioni dei pentiti la camorra partenopea avrebbe interessi ovunque, nella gestione delle pulizie in noti nosocomi della città, in appalti pubblici, nel controllo dei centri di scommesse sportive e nel noleggio di slot machine posizionate in bar e circoli di Napoli e provincia. Per non parlare della prostituzione, un business evoluto nella forma che consiste nell’apertura di centri benessere e club privè nei quali offrire ai clienti materiale umano di ogni genere. Dalla casalinga all’impiegata, dalla studentessa al transessuale alle meretrici verrebbe richiesta solo una tassa mensile da pagare in cambio di tranquillità e protezione. Una sorta di evoluzione imprenditoriale del mercato del sesso, poca violenza e guadagni lauti per chi è disposto a vendere il proprio corpo.
Tutti sanno in città ma come sempre nessuno muove un dito per quanto meno arginare lo scempio che quotidianamente mina l’immagine e la credibilità di Napoli. In sintesi il quesito è sempre lo stesso, chi controlla il controllore?
Alfonso Maria Liguori