In fiamme le auto della moglie e della figlia del pentito Lo Russo

via janfolla napoliIn fiamme, a Miano, le auto della moglie e della figlia dell’ex ras, oggi pentito, Mario Lo Russo: la scorsa notte in via Janfolla due macchine sono state date alle fiamme e completamente distrutte. La camorra non perde tempo: chiaro l’avvertimento al boss che starebbe fornendo ai giudici nomi eccellenti della malavita partenopea con particolare riferimento ai colletti bianchi del sistema, ovvero massoni, politici e imprenditori, veri burattinai della camorra.

 

Le due donne avevano rifiutato il programma di protezione riservato ai familiari dei pentiti: un gesto plateale volto a mostrare pubblicamente il proprio disappunto per il pentimento di congiunto Mario. In certi ambienti chi cambia strada viene inesorabilmente bollato come infame e con lui l’intera famiglia: improvvisamente si perdono rispetto e potere nel quartiere, si viene continuamente additati dagli ex fedelissimi come inaffidabili e “senza spina dorsale”. D’altro canto quando, si è nati e cresciuti nell’omertà, nella miseria e nella più spietata violenza, si ragiona in modo alienante confondendo continuamente paura con rispetto, vergogna con onore, vigliaccheria con coraggio.

 

Mario Lo russoIntanto la Guardia di Finanza starebbe risalendo all’immenso patrimonio, mobile e immobile, dei Lo Russo: grazie alle rivelazioni del pentito si sarebbero smascherate l’identità di presta nome e teste di legno del clan intestatari di società, conti correnti e svariate attività imprenditoriali. Un vero e proprio tesoro nascosto che potrebbe presto essere confiscato dallo Stato. Radio mala parlerebbe di venti di guerra a Miano e nella vicina Secondigliano: gli scissionisti Amato – Pagano, già presi da conflitti interni, sarebbero preoccupati dalle possibili soffiate di Mario Lo Russo, boss di tutto rispetto fino a qualche tempo fa e depositario di innumerevoli segreti di camorra che vedrebbero protagonisti proprio gli scissionisti di Secondigliano.

La gente vive nel terrore questi eventi: i cittadini temono di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Senza adeguata scolarizzazione, occupazione e sana aggregazione solo pensare di combattere la camorra è pura illusione. Nei ghetti di Napoli, in quelle bare di cemento senza colore c’è tanta gente onesta che chiede di vivere con dignità e sicurezza. A queste persone lo Stato deve risposte concrete: non si può puntare sull’esclusiva repressione per risolvere un’emergenza ormai endemica nei luoghi.

Della serie: come spesso purtroppo avviene ci auguriamo che non sia spetti prima il decesso di Napoli per chiamare poi il “medico”.

Alfonso Maria Liguori

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Pubblicista, con formazione scolastica classica e frequenza universitaria presso l'Ateneo Federico II di Napoli (corso di Laurea in Filosofia). Dal 2003 "Aml" è nato, giornalisticamente parlando, con il settimanale diocesano della Curia di Napoli "Nuova Stagione". Successivamente collabora con Cronache di Napoli, con Metropolis, con Napoli Più, svolgendo nel contempo attività di pubbliche relazioni e portavoce di politici. Impegnato nel sociale nel 2003 ha preso parte ad un progetto sociale per il recupero di minori a rischio promosso dall'associazione onlus "Figli in Famiglia" in collaborazione con il Tribunale per i Minori di Napoli. Ha curato eventi di solidarietà per associazioni onlus in favore di noti ospedali partenopei in collaborazione con l'Ubi Banca Popolare di Ancora. Ha diretto la trasmissione televisiva "Riflettori su Ercolano" (a sfondo sociale) per Tele Torre. Profondo conoscitore della strada e dei complessi meccanismi sociali che caratterizzano le problematiche di Napoli e della sua provincia, da anni collabora attivamente con il Gazzettino vesuviano.