I pentiti al giudice: “Nel Rione Traiano comandano loro”

rione traiano“Nel Rione Traiano comandano loro”: questa la dichiarazione unanime rilasciata davanti ai giudici da Emilio Quindici, Maurizio Ferraiuolo, Davide Leone, Alfredo Sartore e Antonio Ricciardi, pentiti che a vario titolo hanno indicato nel clan Puccinelli la cupola che controlla gli affari illeciti nella zona.

 

Dalle piazze di spaccio al racket, dalle sale da gioco al contrabbando, nel rione non si muoverebbe foglia che il clan non voglia. Un esercito di affiliati e fiancheggiatori al soldo dei Puccinelli che starebbero potenziando i gruppi di fuoco con elementi poco più che adolescenti ma di particolarmente inclini a “premere il grilletto”. Proprio sulle figure degli insospettabili pusher del clan, si parlerebbe di massaie, anziani e persino disabili; gli investigatori starebbero indagando a fondo onde risalire alle modalità comportamentali di un sistema che muove cifre da capogiro. Sui giovanissimi del posto questi signori godrebbero di  forte ascendete:  l’idea di essere rispettati, di possedere auto e moto sportive, di potersi permettere abiti griffati spingerebbe giovani esistenze nelle ciniche grinfia della camorra. Tutto falso, effimero e forviante: il cammino intrapreso da chi vive di camorra, oltre a disonorare la persona, conduce inesorabilmente al carcere o alla tomba.

 

Ci chiediamo allora perché lo Stato in certe realtà non promuova campagne di sensibilizzazione nelle scuole, nelle parrocchie e in tutti i centri di aggregazione giovanile al fine di mostrare l’epilogo drammatico di scelte infelici. I potenti, lo ribadiremo sempre, massoni, cattivi politici, imprenditori collusi si ingrassano come scrofe sull’ignoranza e sullo sbandamento sociale delle fasce più esposte della comunità. Nel torbido si pesca meglio: allora perché incivilire servi sciocchi, portatori d’acqua in periodo elettorale, persone che vendono la propria esistenza per poche centinai di euro rinnegando anche i più elementari principi morali.

Questo il quadro avvilente in cui le nuove leve partenopee crescono: senza adeguata scolarizzazione, occupazione e sana aggregazione il match con la camorra è perso in partenza. Non ci stancheremo mai di ripetere questo concetto nel rispetto dei tanti onesti cittadini che vorrebbero vivere Napoli in sicurezza e dare un futuro accettabile ai propri figli.

In sintesi: a Napoli vige ancora la miserabile regola imposta tacitamente da alcuni amministratori e politici che recita: “fate quello che dico io… ma non quello che faccio”

Alfonso Maria Liguori

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Pubblicista, con formazione scolastica classica e frequenza universitaria presso l'Ateneo Federico II di Napoli (corso di Laurea in Filosofia). Dal 2003 "Aml" è nato, giornalisticamente parlando, con il settimanale diocesano della Curia di Napoli "Nuova Stagione". Successivamente collabora con Cronache di Napoli, con Metropolis, con Napoli Più, svolgendo nel contempo attività di pubbliche relazioni e portavoce di politici. Impegnato nel sociale nel 2003 ha preso parte ad un progetto sociale per il recupero di minori a rischio promosso dall'associazione onlus "Figli in Famiglia" in collaborazione con il Tribunale per i Minori di Napoli. Ha curato eventi di solidarietà per associazioni onlus in favore di noti ospedali partenopei in collaborazione con l'Ubi Banca Popolare di Ancora. Ha diretto la trasmissione televisiva "Riflettori su Ercolano" (a sfondo sociale) per Tele Torre. Profondo conoscitore della strada e dei complessi meccanismi sociali che caratterizzano le problematiche di Napoli e della sua provincia, da anni collabora attivamente con il Gazzettino vesuviano.