“Quando esercitiamo il diritto all’oblio – ha continuato l’avvocato Di Stefano – chiediamo ai motori di ricerca di riflettere un’immagine attuale di noi. Ovvero ad esempio, volendo semplificare al massimo, se in passato abbiamo avuto problemi con la giustizia o nostro malgrado siamo finiti al centro di uno scandalo, è giusto, nel momento in cui ci siamo ‘riabilitati’, che su internet ci sia una proiezione aggiornata della nostra persona. E questo include anche il diritto del singolo interessato ad ottenere l’aggiornamento delle notizie allo sviluppo positivo delle vicende ivi trattate.
‘Google’ e altri motori di ricerca simili non sono organi d’informazione: la verifica della veridicità e della ‘legittimità’ di una notizia, di un commento, di un materiale video in linea generale spetta ai siti che decidono di pubblicarli sulla Rete. Pertanto, quando ci si imbatte, su Internet, in qualcosa che può danneggiare la nostra persona, la nostra immagine, la nostra reputazione, la nostra privacy, bisogna subito rivolgersi ad un legale specialista e alla polizia postale, ovvero a professionisti e ad operatori che si occupano del web e delle sue molteplici dinamiche.
Il rischio altrimenti è quello di perdere tempo prezioso. – ha spiegato Piera Di Stefano – Anche i social network ultimamente stanno iniziando a fornire ‘risposte’ alle esigenze di tutela degli utenti e sono particolarmente sensibili e vigili rispetto ai contenuti che riguardano i minori. Ma molto c’è ancora da fare e attendiamo un intervento organico e mirato da parte del Parlamento che sarà di certo complesso e lungo, ma aiuterà senz’altro tutti/e noi a difenderci in modo più tempestivo e concreto dai pericoli della Rete”.
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