Mentre sono al lavoro gli inquirenti delle Procure di Napoli e di Nola, dove pende l’esposto presentato da Confedercontribuenti e da un gruppo di ex imprenditori CIS, la sigla nazionale presieduta da Carmelo Finocchiaro riparte dagli obiettivi raggiunti durante l’incontro pubblico del 18 ottobre a Napoli e rilancia, mettendo in campo nuove iniziative in difesa delle 300 imprese operanti nell’area del centro nolano, tutte a rischio crac, ma in particolare schierandosi al fianco delle 30 antiche aziende napoletane incredibilmente già dichiarate fallite in tempi record, su azione intentata dallo stesso CIS SpA di Gianni Punzo.
Le inchieste ed articoli sulla stampa locale e di numerose testate anche a carattere nazionale ha finalmente acceso i riflettori dell’opinione pubblica su un caso politico e giudiziario che ha già falcidiato centinaia di posti di lavoro al Sud.«La società Cis, nata con una vocazione ed uno spirito societario consortile – dichiara Finocchiaro – ha chiesto ed ottenuto il fallimento di 30 fra le stesse imprese che avevano contribuito a costruirne le fondamenta e a determinare la sua stessa esistenza fra i principali attori economici del Mezzogiorno. Si tratta di un fatto senza precedenti. Trovatemi voi qualcosa di simile nella storia italiana dal dopoguerra ai nostri giorni…». Una vicenda ancor più oscura «se si tiene conto del fatto – incalza il presidente – che i nostri avvocati, dopo avere attentamente esaminato i famosi contratti di sub-mutuo considerati dalle sezioni fallimentari i documenti chiave per decretare i crac, dichiarano che esistevano elementi per contestarne a monte la validità, perché viziati da una serie di circostanze che inducono a definirli nulli».
Com’è noto nel 2005, quando i soci erano giunti al punto di riscattare definitivamente i capannoni per i quali pagavano rate dal 1986, il presidente Gianni Punzo ottenne da un pool di banche (in testa Intesa San Paolo, Unicredit e Mps) un finanziamento da 300 milioni, che in seguito erogò in parte agli stessi soci CIS sotto forma di sub-mutuo, iscrivendosi temporaneamente all’albo degli intermediari finanziari. Tanto che centinaia di imprenditori ricevettero quel mutuo senza avere i necessari requisiti di merito creditizio. Ennesimo ‘unicum’ che caratterizza tutta questa storia.Bankitalia, interpellata da Confedercontribuenti circa l’attività di vigilanza su quell’operazione, ha risposto nei giorni scorsi che solo dal 2010 sono state affidate all’Istituto di Via Nazionale tali competenze sugli iscritti all’albo dei mediatori finanziari, mentre l’operazione su cui si chiede di fare luce risale al periodo 2005-2008.
Dovrà perciò essere la magistratura ad occuparsene. L’Istituto guidato da Ignazio Visco ha comunque assicurato che le banche interessate hanno già ricevuto una nota con richieste di tempestivi chiarimenti su tutta la vicenda. Attività che generalmente prelude all’invio di ispettori.Ma intanto in Via Sardegna, nella capitale, sede nazionale di Confedercontribuenti, i legali sono al lavoro su un duplice fronte: mettere a punto iniziative giudiziarie sulla base dei nuovi elementi emersi in relazione ai fallimenti e, sull’altro versante, avviare azioni in grado di arginare le conseguenze del cosiddetto patto di ristrutturazione del debito stipulato dal CIS SpA con le banche creditrici, che hanno in mano, come pegno, l’intero complesso CIS. Compresi tutti i capannoni dei soci, riscattati coi sacrifici e con il lavoro di intere generazioni.