Dopo la scossa di terremoto in centro Italia del 30 ottobre alle ore 7 e 40 di magnitudo 6.5, sono state rilevate emissioni di fango (i cosiddetti “vulcanelli”) in alcune località in provincia di Fermo. I geologi di “Emergeo”, uno dei gruppi operativi di emergenza sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), si sono attivati per effettuare indagini preliminari di questo fenomeno che rappresenta uno degli effetti secondari dei terremoti sul territorio.
“Ma cosa sono i vulcanelli di fango? Si tratta di un fenomeno poco noto ma estremamente diffuso in varie parti della Terra. – hanno spiegato Tullio Ricci e Alessandra Sciarra di Emergeo – I vulcani di fango sono presenti anche in Italia lungo tutto l’Appennino, con manifestazioni più spettacolari soprattutto in Emilia-Romagna e in Sicilia.
I vulcanelli di fango sono strutture geologiche che si formano in seguito alla fuoruscita di materiale argilloso sulla superficie terrestre, generalmente presenti in contesti tettonici compressivi. Il materiale emesso dai vulcani di fango è composto principalmente da argilla mista a una miscela di acqua e gas. L’emissione di questi fluidi verso la superficie è legata a un processo geologico noto come ‘vulcanismo sedimentario’.
Uno dei requisiti fondamentali per la formazione dei vulcani di fango è la presenza in profondità di spesse successioni di sedimento fine poco consolidato, ossia caratterizzato da una densità minore rispetto alle rocce sovrastanti, tale da permetterne la risalita. successioni di sedimento che, deposte in condizioni di veloce ed abbondante sedimentazione, non consentono la totale espulsione dei fluidi interstiziali presenti. Con la pressione litostatica, causata dal materiale soprastante, aumenta la pressione interstiziale che genera a sua volta la migrazione dei fluidi presenti nel sedimento stesso.
In natura esistono vari meccanismi in grado di produrre un aumento della pressione interstiziale tale da generare la formazione di un vulcano di fango: dalle spinte tettoniche, soprattutto quelle compressive, alla deidratazione della componente argillosa, fino alla formazione di idrocarburi. Gli idrocarburi gassosi, migrando dalla zona di produzione verso la superficie, vengono sottoposti ad una separazione in funzione della massa molecolare. Il metano, essendo dotato di una massa molto minore rispetto agli altri idrocarburi, raggiunge la superficie più velocemente. Quando questo avviene, il materiale sepolto e non consolidato tende a risalire fino a raggiungere la superficie, dando origine a vere e proprie colate assimilabili a quelle prodotte dai vulcani “veri”. In caso di forte emissione di metano l’attività dei vulcani di fango può essere accompagnata da esplosioni di gas.
Il sopralluogo alle emissioni di fango, effettuato il 3 novembre scorso, ha interessato i territori comunali di Santa Vittoria in Matenano e Monteleone di Fermo, situati tra 38 e 44 km dall’epicentro del terremoto di magnitudo M 6.5 del 30 ottobre. Un nuovo punto di emissione di fango si è attivato in prossimità di alcune abitazioni in Contrada San Salvatore, nel comune di Santa Vittoria in Matenano. In considerazione dell’instabilità del vulcanello di Valle Corvone è stato consigliato al sindaco di delimitare l’area e di apporre cartelli per segnalare la situazione di pericolo.
È stato infine osservato a distanza un terzo punto di emissione di fango, apparentemente attivo, del quale però non è stato possibile effettuare il campionamento dei prodotti data l’impossibilità di avvicinarsi ulteriormente a causa della sua ubicazione sul letto del fiume Ete Vivo e della scarsa visibilità dovuta all’ora e alla pioggia”.