Troppe le segnalazioni pervenute gli anni addietro relative ad artisti, nello specifico cantanti cosiddetti “neomelodici”, in odore di camorra o addirittura prodotti da noti pregiudicati affiliati a grossi clan del napoletano. Un fenomeno tante volte alla ribalta ma stranamente sempre poco approfondito quello della convivenza tra cantanti neomelodici e malavita organizzata. Ragazzi, poco più che adolescenti e di bell’aspetto, in pochi anni diventano le star dei vicoli di Napoli e dei quartieri dove un certo tipo di canzone napoletana tiene compagnia sin dalle prime ore della giornata scandendone addirittura i ritmi.
Si inizia con i saluti dalle radio locali, con la lettura di sms romantici a persone lontane o detenute per poi passare alle dediche individuali che, secondo le rivelazioni di alcuni pentiti, sovente nascondono messaggi in codice per latitanti e affiliati. Non è un caso che proprio nel vesuviano un neomelodico finì sotto i riflettori della magistratura per aver interpretato un pezzo che inneggiava alla vita e alle qualità (molto discutibili) di un boss della camorra vesuviana.
Ecco la necessità di distinguere finalmente il lecito dall’illecito, di fare festa stando attenti a non foraggiare mercati che in realtà si reggono sul cosiddetto sistema. Se tale epurazione fosse eseguita con scrupolosa attenzione probabilmente di buona parte dei neomelodici non se ne sentirebbe più parlare.
Generalizzazione incosciente? Ci mancherebbe: al contrario la possibilità per chi opera nella legalità di mettersi in mostra non essendo continuamente limitato e in qualche caso addirittura ostacolato da pseudo concorrenti figli della camorra. Tanti giovani talenti partenopei non chiedono altro che di emergere e crescere nella musica: a patto però che per seguire questa nobile arte non si debba, come spesso accade a Napoli, venire a patti con il manager del momento e magari con l’ambiguo ambiente che lo circonda.
Ecco perché poi ragazzi che avrebbero avuto qualità per emergere finiscono nei guai con la legge o dipendenti da sostanze stupefacenti: la camorra, è opportuno sottolinearlo sempre, non conosce amore ma solo interesse personale in nome dell’unico vero dio che i camorristi venerano, il denaro. Poco importa quindi se per ottenere profitto da un adolescente lo si imbottisce di cocaina per esaltarlo rubandogli sogni e speranze per poi abbandonarlo nel più deprimente baratro.
Della serie: come sempre, tanti sanno ma ancora di più tacciono.
Alfonso Maria Liguori