Disagio sociale e graduatorie bloccate: la storia della famiglia Iovine di Volla

famiglia-iovine-vollaEnnesimo caso di disagio sociale, sofferenza ed abbandono nei Comuni vesuviani. Ci troviamo a Volla, una famiglia intera colpita non solo dalla crisi economica, dalla disoccupazione, dalle piaghe che sempre più frequentemente ci troviamo ad affrontare, ma anche da una precaria ed inadeguata assistenza, atta a sminuire le profonde paturnie causate da gravi patologie sia fisiche che psichiche cui è stata colpito il nucleo familiare.

La signora Loredana Iovine è vedova, il marito ha perso la vita da qualche mese, affetto da gravi disturbi depressivi, dovuti alle precarietà economiche ed alle sofferenze subite dalle sue persone più care e che probabilmente lo hanno portato ad un aggravio sempre peggiore sino a condurlo, come sostiene con convinzione la moglie, al tragico decesso. La stessa è a sua volta vittima di epilessia, un grave disturbo neurologico che la porta, a frequenze alterne, a subire crisi importanti che spesso la costringono a passare giornate intere in preda ad atroci sofferenze nonché ad assumere quotidianamente farmaci. Ma la signora Iovine ha anche una splendida figlia, affetta purtroppo da Sindrome di Down e da altri disturbi correlati che la spingono a stati di apatia ed abulia, a scarsa reattività ed, ovviamente, alla necessità di una assistenza continua, assidua e mirata, non essendo la stessa in grado di provvedere anche ad i più elementari bisogni in maniera autonoma.

Tale quadro già di per sé grave e difficilmente tollerabile, acuito negli ultimi tempi anche dal dolore atroce della morte di un marito e di un padre, reca in sé aggravi fortissimi, affianca al dolore ed alla sofferenza biologica quella economica, quella ad una vita dignitosa, diritto di ogni essere umano, tanto più se costretto in strati di profonda precarietà e minorità. Dal 2009 circa la Iovine, che attualmente sopravvive con le sole pensioni di invalidità sua e della figlia, arrivando alla irrisoria ed inadeguata cifra che appena sfiora le mille euro mensili, convive con il figlio, un giovane di 37 anni disoccupato, con moglie e due figli a carico, uno di 10 e l’altro di 3 anni. Quest’ultimo è da tempo in attesa di ricevere un alloggio popolare ma l’inerzia e la burocrazia italiana che è stato un leit motive per tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute, di ambo i colori, intervallate da un commissariamento prefettizio, ha fatto sì che le graduatoria di assegnazione, che a norma dovrebbero essere aggiornate con cadenza biennale, siano bloccate dal 2010.

L’attuale amministrazione ha promesso al giovane una riunione della competente commissione ed una risposta entro gennaio dell’anno venturo, ma la sfiducia è tanta. Allo stato, in una casa di appena 100 metri quadri, con un solo servizio igienico, assegnata dal comune alla Iovine, convivono la signora, affetta da epilessia, la figlia con grave ritardo mentale, il figlio disoccupato con prole e moglie, costretto a vivere col proprio nucleo familiare più tre animali domestici in una sola stanza, ed un’altra figlia, anch’essa affetta da sindromi epilettiche. Una situazione ai limiti dell’umanità, che svilisce spudoratamente l’essere umano come persona, che lo rende numero, solo, abbandonato, in preda allo sconforto.

A ciò si aggiunge che l’assistenza indiretta che spetta di diritto alla figlia con alta e grave disabilità, il cosiddetto “assegno di cura” è stato erogato per il solo anno 2015 e poi sospeso. È chiaro che tale aiuto, famiglia-iovine-vola1che tocca di diritto alla giovane, sarebbe un mezzo di aiuto, uno strumento per tentare di arginare il degrado. “E’ inaccettabile che ormai da anni subiamo tutto questo” afferma la Iovine, con forza e tenacia, nonostante i malanni e, rafforzata dalla rabbia, continua “ci sentiamo praticamente abbandonati da tutti, amministrazione e non. Abbiamo fatto ricorsi e denunce, ci siamo rivolti più volte alle forze dell’ordine, alla autorità giudiziaria, abbiamo protestato. Solo il dottor Generoso Di Benedetto ci sta vicino e cerca di aiutarci”.

Di Benedetto fa parte della “Associazione Fish Onlus”, da sempre vicina ai diversamente abili ed alle loro esigenze, da sempre pronta a dare una mano all’interno del coacervo burocratico che si trovano ad affrontare disabili e parenti di questi ultimi che altro non chiedono che ciò che gli spetta, il loro diritto sancito dalla legge. “La normativa 328 del 2000”, afferma il De Benedetto, “unitamente alle linee guida della Regione Campania, approvate per la prima volta nel 2012, sanciscono il principio di continuità con riguardo alla patologia in esame, la Sindrome di Down, invalidità al 100%, che risulta tra le malattie incurabili”, lo stesso continua “E’ per questo che abbiamo fatto ricorso alla autorità competente che ci ha dato ragione in merito, in base al principio di continuità una volta erogata la assistenza indiretta non può essere senza motivo sospesa, a nulla valendo le giustificazioni addotte circa la mancanza di fondi da parte della amministrazione”.

Ci auguriamo che questa situazione sia risolta al più presto da parte delle competenti autorità. Questa famiglia, travagliata e martoriata da più dolori, privata della dignità sia da un punto di vista economica che da quello assistenziale chiede solo siano fatti valere i propri diritti, come persone, come nucleo domestico. È diritto di ogni famiglia avere un alloggio, un tetto sotto cui poter vivere, un focolai domestico attorno a cui raccogliersi. Per questo non può ad un giovane, già disoccupato e sofferente per questo, essere negato un alloggio per sé ed i suoi cari, non può vivere all’interno del proprio nido d’origine già di per sé dolente. Né è concepibile che ad una signora malata siano negata l’assistenza economica che gli spetta per prendersi cura della figliola disabile.

“Sono senz’altro queste sofferenze, ne sono sicura, che hanno portato al decesso di mio marito” conclude la Iovine, e, sicuramente, quando al dolore si aggiunge dolore, al disagio sofferenza ed alla precarietà economica la malattia cadere in un vortice di disperazione non solo morale ma psicofisica è un pericolo che in una comunità democratica, basata sul diritto, basata sulla dignità dell’essere umano come persona, non può e non deve avvenire. Anche in forza del principio costituzionale che prevede che le istituzioni rimuovano gli ostacoli e non ne creino.

Giovanni Di Rubba

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