Collaudi e timbri falsi, le mani della camorra sul Pip di Marano

pip-marano-carabinieriQuesta mattina, nell’ambito di una più ampia articolata indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), i carabinieri del Reparto Anticrimine di Napoli hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo relativamente a violazioni alle norme urbanistiche concernenti le opere di urbanizzazione dell’area Pip (Piano degli Insediamenti Produttivi) del Comune di Marano, interamente realizzate grazie al contributo pubblico, ammontante a 4 milioni di curo, erogato dall’Ente municipale.

Tra i tre soggetti sottoposti ad indagini per varie fattispecie di reato quali: minaccia per costringere a commettere un reato, falsità materiale ed ideologica commessa da pubblico ufficiale, e i reati strettamente connessi alle irregolarità nell’esecuzione delle opere di urbanizzazione, vi sono i fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, già proprietari della Concessionaria Cesaro srl Costruzioni Generali che ha ottenuto l’appalto per la realizzazione del predetto complesso industriale.

L’indagine, avviata nel dicembre 2015, ha acclarato che le opere di urbanizzazione, costruite a supporto del complesso industriale realizzato in regime di “project financing”, non sono state mai collaudate ed relativi certificati e le relazione tecniche sono stati falsificati. Inoltre, essendo state realizzate non rispettando le indicazioni progettuali, gran parte delle predette opere non sono neppure collaudabili. In particolare, l’attività di verifica ha consentito di appurare che: i certificati di collaudo sia provvisorio che definitivo sono risultati totalmente falsificati, in quanto l’attività di verifica non è mai stata svolta.

In particolare: per il primo veniva coinvolto un ingegnere, già dipendente del Concessionario, e costretto a firmare il collaudo a fronte della minaccia di non continuare il rapporto lavorativo: per il secondo veniva accertato l’utilizzo del timbro professionale di un ignaro ingegnere la cui firma veniva falsificata, dato quest’ultimo riscontrato da mirata perizia grafica; nei certificati di collaudo delle opere di urbanizzazione si attestava lo svolgimento di visite in cantiere mai avvenute nonché si dava atto di un consuntivo finale dei lavori non corrispondente al quadro economico del progetto che la ditta avrebbe dovuto realizzare; nessuna documentazione era stata presentata presso il Genio Civile di Napoli sebbene gli interventi di urbanizzazione prevedessero opere in cemento armato; l’assenza agli atti del Comune di Marano di alcuna documentazione relativa a verbali di visita in cantiere prodotta dalla direzione lavori e/o del collaudatore delle opere; l’assenza agli atti del Comune della contabilità complessiva delle opere di urbanizzazione realizzate e del conto finale; la realizzazione delle opere avveniva con l’utilizzo dì materiali diversi e di qualità inferiore rispetto a quelli previsti ín progetto, e formalmente contabilizzati.

Quanto accertato rappresenta l’esito di uno dei filoni d’indagine scaturiti dalle dichiarazioni rese da diversi e importanti collaboratori di giustizia. In particolare, il coinvolgimento dei vertici del clan Polverino nel Pip di Marano e quindi la sussistenza dell’aggravante mafiosa contestata ai Cesaro ha trovato il suo iniziale fondamento nelle propalazioni di Perrone Roberto, Di Lanno Biagio e Diana Tammaro.

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