Pane, supermercati, fuochi pirotecnici, caseifici. La mano della camorra aveva raggiunto numerose attività in diversi settori, tanto che gli inquirenti sono arrivati a contestare ai vertici del clan Mallardo il riciclaggio, l’esercizio abusivo del credito, la violenza privata, l’illecita concorrenza svolta mediante violenza e minaccia e l’intestazione fittizia di beni, oltre alla partecipazione ad un’associazione a delinquere. Ma non solo: all’Alleanza di Secondigliano l’Antimafia ha sequestrato anche beni per oltre quattordici milioni di euro.
I dettagli emergono dall’inchiesta che ha portato ieri mattina all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) partenopea a carico di esponenti del clan Mallardo. L’operazione è stata effettuata dal Gico (Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata) della guardia di finanza, dalla Dia (Direzione Investigativa Antimafia) di Napoli, dalla squadra mobile della Questura partenopea e dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna.
Le misure cautelari personali hanno colpito Anna Aieta, moglie del boss Francesco Mallardo, e Salvatore Lucente, genero dello stesso capoclan, che sarebbero stati i veri “motori” dell’alleanza criminale. Con il boss bloccato in casa a Sulmona, in provincia de L’Aquila, ai domiciliari, dove comunque continuava ad impartire ordine, i due si erano specializzati nell’esercizio abusivo del credito e nel controllo delle attività commerciali. In tale contesto aveva assunto un ruolo di primo piano Ciro De Fortis Nadi, imprenditore storicamente attivo nella distribuzione del pane nonché socio di Lucente. In tal modo il clan Mallardo aveva “ripulito”, immettendole in circuiti commerciali leciti, grosse somme di denaro violando le leggi di mercato e danneggiando gli imprenditori puliti.
In un’altra occasione, venuta alla luce grazie ad un’intercettazione ambientale nell’abitazione di Sulmona, Anna Aieta aveva consegnato altri soldi a Gaetano Esposito che gli inquirenti avevano riconosciuto come un soggetto che svolgeva sistematicamente attività di riciclaggio. Come già accennato, le forze dell’ordine hanno sottoposto a sequestro anche numerosi beni riconducibili al clan: ventidue unità immobiliari, due terreni, tre autoveicoli, due moto, un natante, otto esercizi commerciali, settantaquattro conti correnti.
Francesco Ferrigno