Pompei e l’Italia Meridionale restituiscono ancora reperti del loro infinito patrimonio archeologico e in maniera del tutto originale. Questa volta si tratta di un inedito “bottino” di oggetti sequestrati a partire dagli anni ’60 a seguito di appropriazioni illecite e ora svincolati e resi disponibili al pubblico in un’originale mostra all’Antiquarium di Pompei, dal titolo “Il corpo del reato”. L’esposizione raccoglie materiale di vario genere, circa 170 reperti (ceramiche, crateri, statue, depositi votivi, falsi archeologici ecc.) dal vi sec. all’età romana, conservati da lungo tempo nei depositi di Pompei e di recente svincolato e reso fruibile. I dettagli delle operazioni che hanno reso possibile l’affrancamento di questi reperti e il progetto della mostra sono stati illustrati da: Massimo Osanna, direttore generale Soprintendenza Pompei; Luigi Curatoli, direttore Grande Progetto Pompei; Carlo Spagna, Magistrato delegato all’Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Napoli.
“Il Corpo del reato” è una testimonianza della grande razzia subita dal patrimonio culturale italiano dal 1960 ad oggi. Una lunga e massiccia stagione di saccheggio cui le Forze dell’Ordine hanno posto un freno con un’importante azione di salvaguardia arrivando a sequestrare oltre 800 mila reperti, una cifra che dobbiamo immaginare comunque inferiore rispetto alla quantità di opere depredate nel tempo. La razzia riguarda migliaia di siti presenti in Italia che, fra gli anni 1970 e 1990, addirittura finì ad alimentare prestigiose collezioni di musei internazionali come il Getty a Los Angeles e il Metropolitan a New York. I reperti esposti in questa mostra sono il frutto di un livello diffuso di questo commercio illegale destinato ad appagare il piacere verso l’antico di clienti senza scrupoli e senza rispetto per il patrimonio pubblico.
Questi oggetti simboleggiano la violazione cui è costantemente sottoposto il patrimonio culturale, ma non solo: purtroppo sono anche una cruda testimonianza della perdita di conoscenza per la nostra società di una parte resa illegalmente invisibile delle straordinarie bellezze che il territorio italiano ci riserva.
Si deve allo straordinario lavoro dei carabinieri, della guardia di finanza e della magistratura il recupero delle opere che qui possiamo ammirare, selezionate da 45 lotti di sequestri custoditi nei depositi della Soprintendenza Pompei, recentemente svincolati dal Tribunale di Napoli. I sequestri sono stati condotti principalmente a Pompei, e nei dintorni come Boscotrecase, Gragnano e Sant’Antonio Abate. In alcuni casi possiamo pensare a materiali tratti da scavi clandestini svolti nell’area, anche se buona parte degli oggetti proviene da saccheggi perpetrati in vari siti dell’Italia meridionale, come la ceramica daunia proveniente dalle necropoli della Puglia settentrionale.
I reperti esposti sono stati sequestrati a piccoli ricettatori non inseriti nella ramificata filiera del commercio internazionale, dediti piuttosto a rifornire il livello “basso” del mercato, quello dei piccoli antiquari e delle collezioni private. Oggetti quindi trafugati e destinati al solo desiderio personale, ma che oggi tornano seppur silenti a essere patrimonio di ogni cittadino del mondo. L’ufficio “Corpi di reato” del Tribunale di Napoli, cui sono affidati i proventi delle attività criminali recuperati dalle forze dell’ordine, ha destinato gran parte di quelli aventi natura e valore archeologico, raccolti e custoditi nel corso del tempo, alla Soprintendenza di Pompei per l’esposizione al pubblico nell’Antiquarium degli scavi di Pompei di recente istituzione, trattenendo alcuni esemplari da destinare al museo criminale presso il Ministero di Giustizia od altri istituti (ai sensi dell’art. 152 co. 2 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) quali testimonianza dei reati commessi ai danni del patrimonio artistico, storico e/o archeologico dello Stato.