Napoli, Saviano-de Magistris: la nuova camorra è l’avversario comune

Roberto Saviano, Luigi de Magistris: due volti di una Napoli che fatica vistosamente a cambiare. Giovane scrittore uno, ex magistrato l’altro, espressioni diverse di una rappresentazione della verità che in una città come Napoli può assumere tonalità diverse. Nelle storiche e complesse disfunzioni la capitale del mediterraneo continua ad essere fucina di contraddizioni, palcoscenico dove rappresentare tragicomiche commedie che sembrano non conoscere fine.

In questo valzer sopra le righe de Magistris accusa il buon Saviano di speculare sul cancro camorra, di aumentare paradossalmente i profitti dei propri best seller grazie al sinistro eco delle armi di un sistema che continua a macchiare di sangue i vicoli e le strade di Napoli. In realtà così facendo si perde di vista il vero avversario comune che è il crimine organizzato o, per meglio dire, la camorra. Forse sarebbe meglio dire la nuova camorra: di cosa si tratta?

Di un’involuzione del costume criminale partenopeo che fondava le sue radici su principi pseudo etici (molto pseudo) seguendo addirittura alcune regole “morali” che impedivano di colpire donne, bambini e disabili. Le nuove belve (senza arrecare offesa alcuna al mondo animale) non conoscono alcuna remora: cresciuti nel più oscuro consumismo i cosiddetti baby ras vogliono tutto e subito senza badare al prezzo che una simile scalata al potere esige.

In quest’ottica cinica e perversa tutto ha un costo: allora si pesca nei bassifondi, nei maleodoranti anfratti della Napoli bene dove giovanissimi sbandati sognano un telefonino griffato o magari uno scooter potente. Miraggi adolescenziali che la camorra è abile a ghermire e distruggere in nome dell’unico vero dio che venera: il denaro. Saviano si è occupato spesso degli emarginati facili prede del sistema, tracciando quasi l’identikit di chi cede alle facili lusinghe della strada. La stessa strada che da giudice de Magistris ha combattuto e con la quale si trova oggi a fare i conti da sindaco.

Quartieri dormitorio simili a ghetti di cemento dov’è possibile trovare ogni genere di relitti umani, dove la perversione più oscena passa spesso inosservata nell’abbrutimento sociale di chi non ha mai avuto la possibilità di mutare in positivo la propria esistenza. Un copione ben noto: proclami rivoluzionari, presenze continue di politici e amministratori in periodo elettorale lasciano tristemente il posto al vuoto istituzionale che da sempre relega vaste zone della città nel più assoluto degrado.

Si parla, si parla e si parla ancora sui media: peccato che spesso chi narra di Napoli non la vive quotidianamente. Intelligenti e vivaci gli “scugnizzi” dell’era moderna per poter sopravvivere devono imparare da piccoli l’arte di arrangiarsi. Quello che molti scrittori o politici non capiranno mai è che a Napoli si combatte una guerra con un esercito (letteralmente parlando) di camorristi ramificati in ogni strato della società, inseriti così bene nell’humus indigeno da confondersi ad arte con il mondo della legalità. Alla Napoli dei “bottoni”, di chi comanda sul serio poco importa della ambasce delle povera gente.

Fiction a tema come “Gomorra” o serie televisive sullo stile “Bastardi di Pizzofalcone” confondono ulteriormente le idee di chi rassegnato a subire si trova improvvisamente difronte ad una realtà ben diversa da quella vissuta. Perché sia chiaro che ai giovani, soprattutto a quelli a rischio non giunge il messaggio sociale e intellettualoide di Gomorra ma solo l’esempio barbaro di come con i profitti di attività illecite ci si possa riscattare dalla miseria permettendosi ogni lusso.

Ignoranti come capre gli “eroi mafiosi” di Gomorra spacciano, ammazzano anche bambini pur di emergere dal guano nel quale sono stati abbandonati da decenni di mala politica. Per le forze dell’ordine poi, sotto organico e sprovviste di adeguati supporti logistici, non c’è niente di peggio che di vedersi ritrarre in una sorta di telenovela che si dissocia nettamente dagli eventi reali. Della serie: salviamo insieme Napoli, basta con i romanzetti e le chiacchiere politichesi costate alla città un prezzo altissimo negli anni.

Alfonso Maria Liguori

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Pubblicista, con formazione scolastica classica e frequenza universitaria presso l'Ateneo Federico II di Napoli (corso di Laurea in Filosofia). Dal 2003 "Aml" è nato, giornalisticamente parlando, con il settimanale diocesano della Curia di Napoli "Nuova Stagione". Successivamente collabora con Cronache di Napoli, con Metropolis, con Napoli Più, svolgendo nel contempo attività di pubbliche relazioni e portavoce di politici. Impegnato nel sociale nel 2003 ha preso parte ad un progetto sociale per il recupero di minori a rischio promosso dall'associazione onlus "Figli in Famiglia" in collaborazione con il Tribunale per i Minori di Napoli. Ha curato eventi di solidarietà per associazioni onlus in favore di noti ospedali partenopei in collaborazione con l'Ubi Banca Popolare di Ancora. Ha diretto la trasmissione televisiva "Riflettori su Ercolano" (a sfondo sociale) per Tele Torre. Profondo conoscitore della strada e dei complessi meccanismi sociali che caratterizzano le problematiche di Napoli e della sua provincia, da anni collabora attivamente con il Gazzettino vesuviano.