“Nord e Sud uniti nella lotta”, dalla Lega? Sì, ma non è andata come Matteo Salvini sperava. La rinnovata Liga, “Noi con Salvini” per l’unità ma anche per la salvezza del Paese – dopo averlo in tutti i modi possibili e immaginabili voluto diviso -, non ha raggiunto l’obiettivo che si era prefissato. Ma come, si voleva la nascita della Repubblica Federale della Padania eppoi si diventa unitari come Giuseppe Garibaldi? Questione di numeri. Meglio, di possibili preferenze elettorali. Anche Bossi, ai suoi tempi, ci aveva provato con il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. Pure allora ci fu una brusca marcia indietro.
Il “Senatùr” Bossi, con l’ideologo Gianfranco Miglio, di passi in avanti in termini di consensi elettorali ne aveva fatti tanti. L’alleanza con l’allora Cav. Berlusconi aveva portato la Lega ai vertici dello Stato, in una posizione sfruttatissima di “lotta e di governo”. Bossi, allora, era ministro delle Riforme istituzionali “per il federalismo” e non dava scampo al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per portare a casa quanto gli conveniva.
Matteo Salvini all’inizio del suo mandato di segretario della Lega sembrava poter far rivivere ai suoi seguaci i bei tempi passati, quando sulla scena c’era il Senatùr. La politica dell’immagine era il suo forte. Battute taglienti sul filo della provocazione, costruite ad hoc e corredate da magliette ad effetto. Le comparsate televisive si moltiplicavano e forse c’è stato un periodo dove era secondo solo a Matteo Renzi in fatto di apparizioni sul piccolo schermo. Ma come insegna la brutta storia mediatica dell’ex presidente del Consiglio, la presenza a gogò sui media non significa vittoria assicurata. Anzi, può far scattare un sentimento d’insopportazione, di ripulsa, insomma di non voto favorevole. Probabilmente Salvini ha constatato tutto ciò e ha provato a disintossicare gli italiani allontanandosi per un po’ dagli schermi televisivi. C’è anche da ricordare la vicenda della bambola gonfiabile presentata ad un comizio a Soncino, in provincia di Cremona: “C’è una sosia della Boldrini qui sul palco. Non so se sia già stata esibita…”, aveva annunciato il sarcastico Matteo. Quella trovata pare non sia piaciuta neanche al suo mondo, immaginarsi alla presidente della Camera che ha ricevuto un’infinità di messaggi di stima e d’indignazione per quella trovata proprio infelice, a dir poco.
Se le urne avessero decretato un po’ di successi, specialmente alle comunali, Roma compresa, tutto sarebbe passato in second’ordine, gaffe incluse. Ma non è andata così. Certo, la vittoria al referendum c’è stata, ma non può essere attribuita solo alla Lega. E’ chiaro che Matteo Salvini apparentemente gronda gioia da tutti i pori e chiede di andare alle elezioni subito, con qualsiasi legge elettorale, basta che si voti. Il suo problema è portare a casa, sulla scia del referendum vinto, qualche successo che possa sbandierare ai suoi, ormai scettici sul nuovo corso di “Noi con Salvini”. Sempre più spesso il Matteo legista si sente ripetere dalla base: “abbiamo abbandonato il federalismo, la battaglia sulle tasse, le imprese, le partite Iva”.
Insomma, dove cavolo stiamo andando? Personaggi di gran peso nella Lega come Calderoli, Grimoldi, Giorgetti continuano a sostenere il segretario ma ipotizzano correzioni di rotta proprio in quelle realtà dove si sono perse valanghe di voti. E sotto sotto immaginano anche un nuovo cavaliere per condurre le armate leghiste nelle prossime battaglie elettorali. Dal canto suo il successore di Bossi le pensa tutte per risalire la china. Gli è venuto in mente anche un gruppo di lavoro di ben quindici soggetti, coordinato da Andrea Mascetti, per preparare un programma di rilancio sul federalismo. Non sembra proprio nello stile salviniano l’istituzione di una équipe d’esperti o presunti tali per dare idee e programmi alla sua Lega, ma tant’è.
Un’altra brutta stoccata al Matteo padano viene da Silvio Berlusconi. In un’intervista al Corriere della sera quello che Bossi chiamava Berluscaz dichiara che con la Lega di Bossi sarebbe stato più facile andare al governo: “perché allora nella Lega prevalevano liberismo e federalismo”. Quello che primeggia oggi non lo dice ma precisa che lui crede nell’unità del centrodestra, “ma l’unità è un valore se si basa su un progetto comune, non su un semplice tecnicismo elettorale”. C’è chi sostiene che Silvio da Arcore ipotizzi un nuovo accordo dopo il “patto della crostata” e quello del “Nazareno” con il Pd. Meglio allearsi con i nemici di sempre che con certi presunti “compagni” come Matteo Salvini?
Elia Fiorillo