Sono solo alcuni dei retroscena dell’inchiesta contro il clan “Gionta” di Torre Annunziata che ha portato ieri mattina all’arresto di otto persone componenti di un gruppo armato e responsabili di un fiorente narcotraffico. I procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli Filippo Beatrice e Giovanni Colangelo hanno così descritto l’associazione: “Agli indagati viene riconosciuto l’uso spregiudicato di armi da fuoco nei confronti dei nemici o di coloro che non volevano pagare le estorsioni”.
I carabinieri del Nucleo Investigativo oplontino hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli su richiesta della Procura Antimafia a Torre Annunziata, Torre del Greco e a
L’indagine è partita nel febbraio del 2015 subito dopo il tentato omicidio di Giuseppe Leo, il narcotrafficante che si sarebbe rifiutato di pagare la tangente, il “regalo ai carcerati” dei Gionta. Contro Leo fu inviato un gruppo di fuoco composto da due killer a bordo di una moto e armati di pistola. Il raid avrebbe dovuto essere eclatante, maturato in un’area di servizio in pieno centro urbano a Torre Annunziata: un monito per tutti a non disobbedire al clan. L’uomo fu raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo colpì alla testa, ma non morì. Uno dei sicari è stato individuato come Pietro Izzo, desideroso di scalare i vertici dei Gionta.
Izzo in quel momento aveva un doppio ruolo: era il referente del giro delle estorsioni ed organizzava e gestiva il traffico di cocaina, marijuana e hashish. Il pizzo era imposto attraverso quella che la Dda ha descritto come “la forza di intimidazione che incute un clan storicamente temuto dalla popolazione”. Sono state diverse le estorsioni documentate, compiute tramite emissari che minacciavano imprenditori e commercianti di Torre Annunziata, costretti ad elargire somme di denaro o a fornire servizi e prestazioni
“Se vuoi lavorare tranquillo prepara la busta”, “Qua ci vuole il regalo di Pasqua”, perché si ha a che fare con “Quelli dell’Annunziata” o “Quelli del Palazzo”. In caso di rifiuto le ritorsioni erano immediate. La sede di una società di trasporto, a marzo 2015, fu danneggiata con l’esplosione di numerosi colpi di pistola sparati dagli indagati Salvatore Buonocore e Salvatore Bevilacqua, arrestati dai carabinieri il 7 aprile 2015 a seguito di un provvedimento dell’Antimafia partenopea.
Al traffico di droga, inoltre, partecipavano altri indagati che avevano un ruolo ben definito. L’associazione era strutturata in modo stabile con mezzi, strutture logistiche, operative e risorse finanziarie notevoli. Approvvigionamento, percorso dei corrieri, procacciamento dei clienti, contabilità degli incassi: il tutto era finalizzato a rifornire i gestori delle piazze di spaccio di Torre Annunziata, ed anche questi ultimi erano soggetti al versamento nelle casse del clan di una quota dei proventi.
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