La foglia verde, la Maria legale e il fumo negli occhi

Pochi indizi, abbastanza confusi, un po’ di verde spruzzato qua e là e il successo è assicurato. La parola cannabis evoca più cose tutte legale da un “fil più vert che rouge”: l’erba medicamentosa, le piantagioni illegali strappate alla terra, lo sgarro ai narcos, la canna, il fumo illegale.

Partendo dalla energy drink in commercio, in latta verde con foglia di canapa in bella vista, al canapuozzo di Gragnano, un panuozzo fatto con farina di semi di canapa, passando anche per il marijuancello, liquore artigianale con la stessa erba, la varietà di prodotti con essenza di cannabis sono tanti e sono facilmente acquistabili ovunque e da chiunque.

E’ talmente garantito il riscontro sul mercato di prodotti a base di cannabis che i più furbi stanno sperimentando più tipologie di cibarie e bevande il cui packaging mostra spavaldamente la foglia a più punte e la scritta cannabis. C’è poco da stupirsi se vediamo in giro caramelle, lecca lecca, dolcetti, bustine da infusione, cioccolato, birra a base di cannabis. Inutile voler assolutamente accaparrarsi l’ultima trovata nella speranza di una legalizzazione concessa di cui non si è a conoscenza. Quello che non viene segnalato sui vari prodotti, con carattere grosso quanto quello della parola cannabis e di quella fogliolina, è che la base del prodotto è, sì cannabis o canapa ma non quella prodotta, venduta e consumata di stramacchio, aumm aumm.

La canapa in commercio, legale, è quasi priva di Thc (o meglio ne contiene solo in minima concentrazione), il principio attivo che provoca lo “sballo”, e non ha quindi alcun effetto psicotropo. La sua coltivazione in Italia è legale e regolamentata. I suoi semi producono alimenti (semi, olio, farina), bio-carburante, carta, tessuti, cordame, prodotti cosmetici e materiali (spesso innovativi e molto efficienti) e per la bio-edilizia. Quella con principio attivo particolarmente concentrato, il Thc, è la pianta illegale, vietata, la cui estrapolazione dal suolo ad opera di carabinieri provoca lo sgarro ai narcos che col suo commercio fanno fruttare le loro casse.

Pensare di mangiare una caramella o un muffin a base di canapa, acquistato al supermarket, non recherà gioia, rilassamento improvviso e attitudine a superare col sorriso le peripezie quotidiane. Sarà come mangiare una manciata di semi di chia o girasole. A chi lupini, semini recano felicità?

La scarsa informazione data, ma anche cercata, induce ad accrescere, a parere di chi scrive, in maniera immotivata una fetta di commercio facendo leva sui collegamenti logici che una mente non abbastanza nutrita riesce a fare.

Immotivatamente perché il sapore della canapa non è proprio paragonabile a una fetta di pane caldo con mortadella. Anzi, resta abbastanza amarognolo.

Anna Di Nola

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