Il ritrovamento a Castellammare di Stabia di due Van Gogh, il processo e la condanna del narcotrafficante latitante Raffaele Imperiale, la mostra al Museo di Capodimonte e la messa a disposizione di decine di ville e terreni riconducibili alla camorra.
Nelle scorse ore il Tribunale di Napoli, a conclusione del procedimento con rito abbreviato, ha autorizzato la restituzione dei dipinti al Museo di Amsterdam ed ha inflitto otto condanne ad altrettanti indagati alla sbarra per droga e riciclaggio. Il boss Raffaele Imperiale, originario di Castellammare e tuttora latitante a Dubai, è stato condannato a diciotto anni di reclusione; il suo socio in affari, Mario Cerrone, arrestato a gennaio 2016, a quattordici anni.
Il giudice Claudia Picciotti ha poi inflitto venti anni di carcere a Carmine Amato, ritenuto esponente del gruppo camorristico dell’area di “Secondigliano” di Napoli, e a Vincenzo Scarpa, considerato il referente delle cosche della zona vesuviana. Dieci anni, invece, per Gaetano Schettino (anch’egli stabiese di origine, catturato dall’Interpol a Dubai nel febbraio 2016, ritenuto molto vicino ad Imperiale), mentre altri tre imputati sono stati condannati a otto anni di reclusione ciascuno. Ora la difesa sta preparando il ricorso in appello. Saranno giudicati con il rito ordinario altri sei imputati.
Il processo è stato istruito dai pubblici ministeri Vincenza Marra, Stefania Castaldi e Maurizio De Marco ed è il risultato, come già accennato, di un’operazione di Dda, squadra mobile di Napoli, Gico della guardia di finanza ed Interpol partita a gennaio 2016 e conclusasi a settembre dello stesso anno con il rirovamento dei dipinti.
L’Antimafia ha descritto così il blitz di inizio 2016: “Il provvedimento ha colpito soggetti che, sin da prima della prima faida di ‘Scampia’ ed in particolare dalla fine degli anni ’90, si erano posti come referenti di un’organizzazione che si è avvalsa di collegamenti diretti con narcotrafficanti sudamericani ed europei di primissimo livello, di basi operative in diversi Stati europei e di enormi disponibilità di risorse economiche e di mezzi.
Grazie alla struttura transnazionale smantellata dalla Dda, il clan Amato-Pagano è devenuto negli anni il principale canale di smistamento della droga nel napoletano. L’inchiesta ha disvelato la chiave del potere economico della cosca protagonista dello smercio di stupefacenti a Secondigliano e delle sanguinose faide verificatesi a partire dall’originaria scissione del clan ‘Di Lauro’ nel 2004. Un potere fondato anche sulla creazione di un fondo comunale, una riserva da utilizzare per il costante reperimento di droga. I ricavi ottenuti erano di decine di milioni di euro ogni anno”.
Tra i principali indagati, oltre ad Imperiale, anche Mario Cerrone il quale, finito in manette, ha iniziato a collaborare con le autorità portando forze dell’ordine e magistrati al sequestro a settembre dello scorso anno di un tesoro della criminalità di cui facevano parte, appunto, anche i due Van Gogh.
Raffaele Imperiale, alias “Lelluccio ‘o parente” o “Lello Ferrarelle”, è quindi legato al clan di camorra degli “Amato-Pagano”, i famigerati “Scissionisti” che hanno spostato la propria roccaforte da Secondigliano a Melito di Napoli durante le guerre che hanno insanguinato il capoluogo partenopeo, e da anni vive nel lusso più sfrenato a Dubai, negli Emirati Arabi. Le procedure per chiedere l’estradizione sarebbero partite ma si sarebbero anche già scontrate con il muro della burocrazia. Tramite rogatorie internazionali, inoltre, la Dda ha chiesto il sequestro preventivo di quote societarie, beni immobili ed imbarcazioni degli indagati. Beni ubicati soprattutto negli Emirati Arabi Uniti, in Spagna e nell’Isola di Man.
Parliamo allora di una “storia ultraventennale di consolidate strutture imprenditoriali – ha scritto l’Antimafia in una nota del gennaio 2016 – dirette da personaggi di livello internazionale, come Raffaele Imperiale ed i suoi soci, soggetti che si sono enormemente arricchiti facendo affari con le principali organizzazioni camorristica di Napoli, come gli Amato-Pagano, in un intreccio inestricabile di società di fatto tra camorristi e broker internazionali della droga, nonché abili professionisti dediti al riciclaggio degli ingentissimi proventi derivanti dal narcotraffico”.
L’uomo chiave del narcotraffico internazionale, al vertice di un’organizzazione potente e capillare, è il figlio di un noto costruttore stabiese, ovvero colui che ha realizzato il “Parco Imperiale”, un rione che si trova al confine tra Castellammare di Stabia e Gragnano. Ha cominciato la sua carriera come commerciante di acqua minerale ma i primi contatti con la camorra, Lelluccio li ha avuti, ironia della sorte, proprio ad Amsterdam, dove aveva aperto un “coffee shop” alla fine degli anni ’90. Poco tempo dopo Imperiale si è trovato al cospetto del superboss Raffaele Amato, di cui è poi diventato uomo di fiducia per i traffici di droga e di cocaina in particolare.
Secondo le indagini, il “re” del narcotraffico di cocaina Imperiale ha acquistato i due quadri con i soldi della camorra, versandoli (non si sa ancora a chi) in cinque tranches di un milione di euro ciascuno. Una sorta di investimento, di polizza sulla vita. Ma Cerrone, pur senza diventare tecnicamente un “collaboratore di giustizia” ha rivelato ai militari che la cosca era entrata in possesso dei dipinti e, soprattutto, ha detto loro dove cercarli. Grazie a Cerrone, inoltre, la guardia di finanza è riuscita a sequestrare a settembre, contestualmente al ritrovamento delle opere d’arte, anche terreni, fabbricati, immobili, e un piccolo aereo per un valore totale di circa venti milioni di euro (Van Gogh esclusi).
Le indagini non sono affatto concluse: i finanzieri stanno cercando di capire come l’organizzazione criminale abbia fatto ad acquistare i Van Gogh e quali altri tesori i narcos abbiano accumulato grazie ai soldi derivanti dai traffici di droga. C’è da sottolineare, inoltre, che i ladri di dipinti sono stati arrestati e condannati molto velocemente l’anno dopo il furto, ma dei Van Gogh si erano le tracce. Almeno fino a settembre dello scorso anno, quando i finanzieri guidati dal colonnello Giovanni Salerno li hanno recuperati da un’intercapedine della cucina dell’abitazione dei genitori di Imperiale.
“Ci sono già stati i primi contatti fra il Museo di Capodimonte e quello di Amsterdam. Si sta discutendo per organizzare questa mostra che potrebbe durare anche due settimane. La volontà c’è. – ha detto l’avvocato del Museo di Amsterdam, Carel Raymakers al termine del processo – Esprimiamo gratitudine alla magistratura italiana e alla guardia di finanza per come hanno seguito il caso e per essere riuscite a chiudere il processo in tempi brevi”. La mostra potrebbe vedere la luce a Napoli già a febbraio.
Da ricordare che i quadri sono “La Spiaggia di Scheveningen”, del 1882 e “L’uscita dalla chiesa protestante di Nuenen”, del 1884, entrambi olio su tela: si tratta di un patrimonio di oltre cento milioni di euro. I malviventi se n’erano impossessati il 7 dicembre 2002: quando qualche anno i responsabili del furto sono stati arrestati dei quadri non c’era già più traccia.
Il boss Raffaele Imperiale, in una memoria depositata agli atti del rito abbreviato, non solo ha spiegato di aver acquistato i dipinti poco tempo dopo il furto con i cinque milioni di euro prelevati dalle casse della camorra, ma ha anche formalmente “consegnato” il proprio patrimonio provento di attività illecite (il giudice ha riconosciuto sia a Imperiale sia a Cerrone delle attenuanti proprio per questi motivi). Un patrimonio a dir poco immenso: tredici ville a Terracina, in provincia di Latina, dieci a Giugliano in Campania, un casolare nella periferia di Napoli, a “Pianura”, terreni in Campania. Ed anche i due Van Gogh.
Francesco Ferrigno