I carabinieri della tenenza di Ercolano hanno tratto in arresto tre persone per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, tutti del posto e volti già noti ai militari. Nello specifico sono finiti in manette Ferdinando Castaldo di 41 anni, ritenuto affiliato al clan di camorra “Birra-Iacomino” e già sottoposto alla detenzione domiciliare, il 24enne Gioacchino Palmieri e la 24enne Carmela Amoroso.
Ritrovati e sequestrati durante la perquisizione domiciliare 13 grammi di marijuana, 32 grammi di hashish già suddiviso in dosi, una dose di cocaina e 141 euro ritenuti provento dell’attività di spaccio. Dopo le formalità di rito gli arrestati sono finiti ai domiciliari. Un’operazione che testimonia ancora una volta il livello di attenzione massima tenuto sul territorio dalle forze dell’ordine e in particolar modo dai carabinieri.
Grazie ad anni di lavoro investigativo, al coraggio di commercianti che si sono ribellati al pizzo e alla sinergia tra giudici e forze di polizia oggi Ercolano è una realtà vesuviana ben diversa da quella di qualche tempo fa. Chi ha buona memoria ed è nativo dei luoghi sa bene che per decenni a Ercolano ha regnato la più spietata anarchia comportamentale: clan agguerriti, prevalentemente dediti allo spaccio di stupefacenti e all’usura, composti da un esercito di pusher, killer e presta nome in ottimi rapporti con i potenti sodalizi criminali di Napoli (come i “Lo Russo” di Miano) e della provincia (tanto per fare un esempio i “Gionta” di Torre Annunziata).
Oggi in paese si respira un’aria nuova: segnale positivo per le imprese locali e i giovani che finalmente possono investire negli amati luoghi d’origine senza dover subire il racket imposto dalla camorra. Al di la di considerazioni politiche in questo frangente inopportune Ercolano vive oggi forse un’occasione unica di riscatto e di ripresa economica.
In tal senso un plauso particolare è rivolto all’Arma dei carabinieri: uniformi pubbliche che hanno saputo dimostrare ai camorristi che “lo Stato c’è” ed è pronto a tutelare gli onesti cittadini da chi crede follemente di potersi sostituire alla Sovranità della Repubblica.
Alfonso Maria Liguori