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Omicidio a “Soccavo”, l’ombra della camorra dietro l’agguato

L’ombra dei clan di camorra dietro l’omicidio del 21enne Renato Di Giovanni avvenuto ieri mattina a Napoli nelle vicinanze della chiesa Santa Maria di Montevergine del quartiere “Soccavo”. Nello specifico si tratterebbe, secondo alcune indiscrezioni provenienti da ambienti investigativi, di un regolamento di conti del gruppo camorristico “Grimaldi” nei confronti del clan “Vigilia” a cui la vittima, con precedenti per spaccio di stupefacenti e sottoposto all’obbligo di firma, avrebbe avuto legami.

A sparare due killer in sella ad uno scooter con pistola semiautomatica calibro 9×21 (dato emerso dai sei bossoli rinvenuti sul luogo dell’agguato). Di Giovanni, ex promessa delle giovanili del “Calcio Napoli”, era particolarmente noto a Soccavo proprio per i precedenti sportivi.

La notizia dell’uccisione del giovane ha suscitato notevole clamore nella zona e in particolar modo tra i residenti di via Coclite dove il 21enne abitava. Già disposta l’autopsia, come da prassi, sul corpo di Renato Di Giovanni che sarà effettuata presso il II Policlinico di Napoli. Una vicenda amara che testimonia quanto sia facile in certe realtà per i giovanissimi perdere il giusto orientamento e finire vittime del sistema.

Un ragazzo che avrebbe potuto avere un futuro da calciatore professionista e che invece ha terminato il suo percorso terreno crivellato di colpi sull’asfalto delle stesse vie che l’hanno visto crescere. Un fenomeno quello della dispersione giovanile che dovrebbe essere affrontato dalle istituzioni con ben altra concretezza e tempestività. E’ da tempo che attraverso il giornale evidenziamo la necessità di investire nella prevenzione soprattutto in certi contesti storicamente a rischio.

Adeguata scolarizzazione, occupazione e sana aggregazione sociale per evitare che tragedie come quella di Di Giovanni si ripetano. Certo qualcuno potrebbe dire che il ragazzo ha sbagliato come testimoniano i precedenti penali a suo carico: ma si tratta comunque di un giovanissimo figlio di Napoli, di un talento calcistico che forse si sarebbe potuto salvare se gli organi competenti avessero vigilato con maggiore attenzione sulle necessità di chi vive troppo a contatto con il malaffare.

Riteniamo doveroso compiere tale precisazione nel rispetto del dolore che ha colpito la famiglia di un ragazzo che forse si è voluto sentire importante troppo in fretta finendo i suoi giorni nel peggiore dei modi.

Alfonso Maria Liguori

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