Scavi di Pompei, Irlando “Stop alle zone grigie, fare chiarezza”

“Evitare le proteste negli Scavi di Pompei e fare chiarezza sulle questioni che alimentano il malcontento dei custodi del sito archeologico perché se ci sono diritti calpestati venga ripristinato il rispetto della dignità di chi lavora. Ciò anche per porre fine a proteste che possono talvolta sembrare strumentali”. E’ questa l’analisi del
presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, Antonio Irlando, sulle tensioni tra sindacati e Soprintendenza, coincidenti con il crollo del muretto di una Domus.

I due fatti, indipendenti tra loro, hanno alimentato un interesse in negativo per l’immagine degli Scavi e potrebbero anche determinare interesse di magistratura e forze dell’ordine. “Una casualità ha visto l’accavallarsi dell’assemblea sindacale dei custodi, con pesanti accuse tra sindacalisti e soprintendente Massimo Osanna, e il giorno seguente un ennesimo crollo in un’area ancora non sottoposta a interventi di risanamento – riassume Irlando – ma all’origine di quel cedimento individuo due cause: la prima va riferita ai decenni di abbandono che ha subito il sito archeologico patrimonio dell’umanità, mentre la seconda causa, considerato il quadro di emergenza in cui è stato inserito lo stanziamento dei fondi europei e la progettazione
per la messa in sicurezza dell’area in cui si è verificato il crollo, va attribuita alla ingiustificabile lungaggine
burocratica che proprio una situazione di emergenza doveva accelerare”.

A parere di Irlando, infatti, “il Tar, interpellato da una delle aziende che si era offerta per i lavori, doveva fare di tutto per arrivare a sentenza il più in fretta possibile. Non è pensabile che da un anno non venga ancora stabilito chi debba eseguire il progetto. Se si considera che questi lavori erano stati assegnati un anno fa e non sono stati fatti, ti va il sangue alla testa. Se la Commissione europea ne verrà a conoscenza non ci faremo una bella figura”.

Il presidente dell’Osservatorio Patrimonio culturale non addossa alcuna colpa ai lavoratori. “Loro chiedono di lavorare in ambienti senza amianto – spiega – sono richieste legittime. Se il soprintendente è in possesso di una relazione che esclude il rischio per la salute dei dipendenti della Soprintendenza e degli stessi turisti, la pubblichi. Oppure denunci chi fa allarmismo strumentale. Questo per dire che la chiarezza è alla base di ogni buona relazione con chi lavora. Così pure per quanto concerne il ruolo dei dipendenti dell’Ales, la società
direttamente controllata dal ministero.

Sono senza dubbio ragazzi preparati per l’attività di custodia delle Domus alla quale sono stati assegnati. Ma allora il ministero regolarizzi la loro attività che al momento, per contratto, non li autorizza nel ruolo al quale sono stati assegnati, anche se svolgono in modo eccellente l’attività di custodia delle Domus consentendo
la fruizione più piena del sito archeologico ai turisti. Insomma, ci vuole chiarezza per non lasciare alibi a nessuno. Questa è la strada”.

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