Questa volta però le cose non sono andante come i rapinatori speravano: le guardie giurate di servizio a bordo del blindato intuendo il pericolo non si sono fermate presso il sito come da prassi ma hanno continuato la corsa tirandosi dietro i rapinatori che hanno esploso contro il veicolo alcuni colpi di pistola.
Tanta paura tra i cittadini che a quell’ora affollano quotidianamente il posto. La professionalità e la capacità reattiva delle guardie giurate ha evitato che l’assalto si trasformasse in tragedia. Si concretizza così l’ipotesi investigativa avanzata dal nostro giornale tempo addietro: scomparsi i Lo Russo, storici capi dell’omonimo clan di Miano, gli ex fedelissimi starebbero cercando di riorganizzare un nuovo gruppo criminale tentando con rapine e furti nella zona di racimolare il denaro necessario ad acquistare armi e droga.
Senza potere militare ed economico all’interno della camorra non si è nessuno: questo i pezzi da 90, una volta killer e capi zona dei Lo Russo, lo sanno bene unitamente all’importanza del fattore temporale per l’scesa criminale di un nuovo clan. Il tempo: secondo alcune indiscrezioni sarebbe questo il vero nemico dei nuovi boss di Miano che non sarebbero ancora in grado di respingere eventuali attacchi mossi dalla Cupola di Secondigliano o da altri sodalizi criminali della periferia di Napoli. Una brutta faccenda sulla quale indagano senza sosta le forze dell’ordine e in particolar modo i carabinieri.
Si tenta di prevenire o reprimere sul nascere quella che si preannuncia quale ennesima guerra di camorra per il controllo degli affari illeciti sul territorio. Lo spaccio di stupefacenti: questo il business principale per il sistema pronto a tutto pur di assicurarsi il monopolio dello smercio di droga a Napoli e nell’hinterland vesuviano.
Ormai appare anacronistico parlare di realtà malavitose locali: esisterebbe, come più volte evidenziato dai pentiti, un’unica grande organizzazione che farebbe capo a Secondigliano e ad alcuni storici clan di quella che una volta era denominata Nuova Famiglia.
Alfonso Maria Liguori