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Sanremo, quanto ci mancano le tue classiche ballate d’amore

Sicuramente una delle cose che amo fare di più è scrivere saggi critici su testi musicali. Il festival di Sanremo offre spesso testi poetici dall’alto valore letterario.
Su “Occidentali’s Karma” non riesco a scrivere nulla di critico, vi giuro! Non riesco a comprendere il significato del testo.

A livello musicale posso dire che la canzone appartenente al genere pop è orecchiabile, presenta anche una melodia “simpatica”. Nulla di nuovo, insomma.

Il testo? Vi giuro, non ho idea. Ma di cosa si tratta? Bah, forse non sono in grado di coglierne il significato. Provo quindi a leggere qualche altro commento critico sulla canzone? Sì.

Clicco su google: “Significato Occidentali’s Karma”. Apro un sito e mi ritrovo questo: <già dal titolo è possibile intuire quello che l’obiettivo del cantautore: mettere in evidenza come il mondo di oggi sia un mix di parole e culture, a volte anche tra loro discordanti e contrastanti. Viene, inoltre, contestato in maniera alquanto ironico il modo in cui le persone occidentali facciano spesso riferimento al modo di vivere degli orientali, specialmente per le modalità di rilassamento del corpo e della mente. Nonostante si cerchi di imitarli, questi resteranno sempre dei mondi a sé stanti, di cui, secondo Francesco Gabbani, potremmo essere solamente “turisti” >.

Stando a queste parole, se questo fosse il significato della canzone non meritava di vincere, a parer mio. A livello musicale avrei preferito la vittoria a Sanremo di Sergio Sylvestre. Lo avrei almeno collocato sul podio invece chiude la sua partita a Sanremo con un misero 6° posto. A livello letterario avrei preferito la vittoria di “Che sia benedetta” della grande Fiorella Mannoia. Un testo profondo, trascendentale dalla musica orecchiabile e che lancia dai suoi versi un monito davvero interessante e fondamentale in questo contesto storico. Un testo su cui riflettere, un testo su cui focalizzare l’attenzione. Mi rendo sempre più conto che viviamo in una società dove regna la teatralità, l’esteriorità della figura umana. Curiamo i nostri dolori fisici e le nostre ferite sanguinanti sulla pelle ma dimentichiamo di curare le ferite della nostra anima, i nostri dissidi interiori.

Questo è dimostrato anche dalle parole che Gabbani ha pronunciato a TgCom: “Tutte le mie citazioni, come ad esempio Eraclito (Panta Rei, ovvero Tutto scorre), hanno l’obiettivo di provocare. Ho giocato sul fatto che dietro al nostro modo di essere intellettuali in realtà siamo tutti delle scimmie con dei vestiti”.

Ma cosa dici? Biologicamente possiamo anche essere degli animali, ma siamo uomini, dotati di intelletto e di ragione. Ecco, il problema è proprio qui. Questa canzone trasmette un messaggio distorto. Focalizza la sua attenzione sull’animale che è in noi e cerca di farci dimenticare che non siamo solo corpo, ma siamo anche spirito, intelletto, anima (forse rientra in quel progetto di omologazione e schiavizzazione della società).

Accogliamo tutti l’invito di “Che sia benedetta”. Dobbiamo imparare a tenerci la vita stretta. Abbracciamola sempre più, viviamola sempre più. Lei ci aspetta, aspetta che la scimmia (tanto decantata da Gabbani) che è in noi si rialzi comprendendo che oltre ad avere un corpo da curare abbiamo un’anima, un’identità. Tanto, se noi cadiamo, la vita ci aspetta.

Che sia benedetta Fiorella Mannoia!

Raffaele Massa
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