I corpi erano interrati a circa un metro di profondità in località “Ferrarese”, nei pressi della stazione dell’Alta velocità ferroviaria di Afragola.
I due cadaveri, tagliati a metà e sotterrati vicino ad un albero di mimose che ne avrebbe coperto il nauseabondo tanfo scaturito dalla decomposizione, sarebbero già stati identificati: si tratterebbe del 43enne Luigi Ferrara di Casoria e del 53enne Luigi Ruscinano di Mugnano, entrambi pregiudicati e considerati elementi di spicco nel giro del contrabbando.
Delle vittime si era persa traccia lo scorso 31 gennaio: al momento della scomparsa erano a bordo di una “Fiat” modello “Idea” poi rinvenuta dai carabinieri sporca di sangue. I familiari avevano infatti denunciato all’Arma la scomparsa dei loro congiunti.
Secondo alcune indiscrezioni provenienti da ambienti investigativi della polizia nelle sacche di plastica potrebbe essere occultato anche un terzo cadavere: un particolare che potrebbe ulteriormente complicare le indagini che si prospettano già complesse. Il muro di omertà che protegge i camorristi penalizza enormemente l’opera degli 007 delle forze dell’ordine.
Al momento la pista seguita dagli inquirenti sarebbe quella di un regolamento di conti tra esponenti di spicco del sistema: forse contrasti territoriali legati al contrabbando o partite di merce trattate “sotto banco” potrebbero essere la causa degli atroci omicidi.
Lentamente si sta tornando, a Napoli e nell’hinterland vesuviano, agli anni bui della guerra di camorra che vide contrapposta la Nco di Raffaele Cutolo alla Nuova Famiglia. Morti ammazzati e ferimenti si susseguivano a ritmo impressionante gettando Napoli e la provincia nel terrore.
Veri e propri bollettini di guerra venivano resi noti quotidianamente dai media che faticavano a stare dietro ai troppi omicidi di camorra che annientarono progressivamente intere famiglie ritenute “pilastri portanti” della Nco (uscita poi sconfitta dal sanguinoso conflitto con la Nuova Famiglia). Della serie: gli strumenti sinistri della camorra continuano a intonare melodie di morte all’ombra del Vesuvio.
Alfonso Maria Liguori