Collusione tra camorra e imprenditoria in Campania, l’Antimafia: “Ecco il metodo del tavolino”

gomorra collusione camorra imprenditoria napoli 1Ricordate quando, nella prima stagione della serie tv “Gomorra”, un gruppo di imprenditori si riunisce nello studio del boss della camorra Pietro Savastano? Carte alla mano, i professionisti inseriscono in alcuni moduli, sotto dettatura di un geometra, cifre e percentuali.

Si stanno preparando a prendere parte a gare per appalti pubblici: chi se li aggiudicherà è già deciso in quel momento in quella stanza dove sono presenti tutte le imprese “autorizzate” a partecipare. A rotazione, infatti, tutte le aziende si impegnano ad offrire il maggior ribasso aggiudicandosi la gara.

È la raffigurazione, seppur romanzata, del cosiddetto “metodo del tavolino” e della drammatica collusione tra camorra e mondo dell’imprenditoria di cui parla la Direzione Investigativa Antimafia (Dia) nella sua relazione semestrale al Parlamento riguardante il primo semestre 2016.

Il capitolo è quello della criminalità organizzata campana con particolare riferimento alla camorra di Napoli e Caserta e delle rispettive province. Il metodo ha permesso ai criminali di infiltrarsi negli Enti pubblici, nelle strutture ospedaliere, nei settori del gioco e delle scommesse, anche online.

Il metodo del tavolino è comodo, sicuro, ha qualcosa di “democratico”. Se non fosse che dalla camorra, volente o nolente, l’impresa acquista il pacchetto completo. E se non fosse che il ricorso alla violenza ed all’intimidazione è all’ordine del giorno, che si uccide il libero mercato, si soffocano economia, aziende pulite e lo sviluppo di interi territori.

Con la quota da versare al clan per questo tipo di servizi sono compresi la difesa da richieste estorsive provenienti da “altre” famiglie e l’intervento, violento e mirato, della cosca contro chiunque dovesse cercare di rallentare l’esecuzione dei lavori.

“Il previo accordo – ha scritto l’Antimafia – oltre a rendere meno visibile la presenza mafiosa, eviterebbe il generarsi di contrasti, rendendo allo stesso tempo più complessa l’attività repressiva”.

Ad illustrare recentemente il pacchetto di assistenza imposto dai clan del casertano e del vesuviano è stato un collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni sono state inserite in un’ordinanza di custodia cautelare emessa il 3 maggio 2016 dal gip del Tribunale di Napoli a carico di affiliati al gruppo “Iovine” del clan dei “Casalesi”.

La collusione tra camorra e imprenditoria sta tutta qui. “L’aggiudicatario di un appalto acquista dal clan – ha spiegato la Dia – una sorta di pacchetto di assistenza che comprende la difesa da richieste estorsive da parte di altre famiglie camorriste e l’intervento nei confronti di funzionari ed amministratori comunali nel caso dovessero tentare di rallentare, anche a seguito di controlli legittimi, l’esecuzione di lavori”.

Tecnicamente la camorra diventa una sorta di “associato in partecipazione occulta” dell’impresa nella quale conferisce, al posto del denaro, la forza d’intimidazione, ricavandone come compenso una percentuale su quanto percepito dall’imprenditore colluso. La stessa logica è stata osservata anche nei casi di affidamento dei lavori da parte dei consorzi alle imprese consorziate, secondo la prassi della scomposizione di una commessa in vari sub-contratti, allo scopo di eludere la normativa di settore.

Il metodo non ha risparmiato, come già accennato, il settore sanitario. Tra i diversi casi si può citare l’inchiesta, concretizzatasi nel gennaio del 2015, che ha confermato l’esistenza di una rete di connivenze tra pubblici amministratori, politici e imprenditori, finalizzata a consentire ai Casalesi e ad altri clan della zona la gestione, in regime di monopolio, di appalti e l’affidamento diretto di lavori all’interno dell’Azienda ospedaliera “S. Anna e S. Sebastiano” di Caserta, sfruttando la sponda della politica e della dirigenza.

Anche altre indagini evidenzierebbero l’intervento della camorra nella gestione di attività strumentali al funzionamento di alcune grandi strutture ospedaliere della zona collinare di Napoli. L’8 giugno 2016 è stata eseguita un’ordinanza emessa dal gip partenopeo contro esponenti della cosca dei “Lo Russo”.

gomorra collusione camorra imprenditoria napoli 2Sono emersi episodi di corruzione e turbata libertà degli incanti da parte di funzionari pubblici che avrebbero favorito società collegate al clan nelle gare di appalto per la fornitura dei servizi di pulizia e garantito posti di lavoro negli ospedali, oggetto dell’indagine, ad esponenti del clan. L’infiltrazione dei Lo Russo riguardava il “Policlinico”, mentre in altri ospedali della zona collinare (“Monaldi”, “Cardarelli” e “Pascale”) si sarebbero infiltrati i clan “Caiazzo” e “Cimmino”.

“La strategia di una silente contaminazione del territorio – ha concluso l’Antimafia – attuata attraverso l’opera di professionisti e apparati istituzionali compiacenti, sembra consolidarsi anche fuori Regione e all’estero”.

Nella scena di Gomorra di cui parlavamo sopra, uno degli imprenditori è preoccupato della partecipazione alla stessa gara di ditte vicine ad un clan camorristico “rivale”. Il boss lo rassicura, l’appartamento della madre dell’altro capoclan è appena stato incendiato, la lezione dovrebbe averla imparata: “Metti ‘sto cazzo di parametro che ti dice il geometra e statti tranquillo. L’appalto lo vinci tu”

Francesco Ferrigno

ferrigno86@gmail.com – @frafree86

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