“Ho perso il lavoro e mia figlia è affetta da rara malattia, aiutatemi”

Riceviamo e pubblichiamo l’appello di Abramo Zampella. Non possiamo che farlo.

Al di là delle diatribe politiche, della cronaca, dell’attualità che cerchiamo di diffondere, sperando di rendere un servizio al meglio delle nostre possibilità, ci sono dei momenti in cui bisogna fermarsi e raccogliere le nostre energie per sostenere un concittadino, senza distinzioni di partito, di ideologia o altro. C’è bisogno del supporto di ognuno di noi, occorre fare nel nostro piccolo il nostro dovere. Siamo in tanti a condividere un articolo, a commentarlo, a risentirci se la nostra comunità viene toccata; dobbiamo essere altrettanto numerosi per diffondere questo appello. Non esiste un redattore, un lettore: esiste una comunità che assieme si muove.

La lettera che segue è la richiesta di un cittadino di Caivano, trovatosi senza lavoro. Abramo vice con la moglie e la figlia. Con loro vive un “mostro” in casa il cui nome è DMB, Distrofia Muscolare di Becker, di cui soffre la piccola. Non ci sono al momento possibilità di cura che conducano alla guarigione ma solo terapie palliative per prevengono le contratture e migliorano la postura del paziente. Abramo non cerca che un lavoro che gli consenta di potersi occupare della sua famiglia.

“Gentile Redazione, io e mia moglie siamo in cerca di un po’ di serenità ma non per noi, per nostra figlia Serena. Nessuno sembra disposto ad aiutarci, ormai sono anni che chiedo un lavoro per continuare ad occuparmi di Serena come facevo prima di essere licenziato, intendo solo combattere la malattia che sinceramente ci bastava e avanzava. Non riusciamo a capire come, rispetto ad una problematica del genere, come nonostante i tanti appelli già fatti in questi anni, nessuno si accorga di noi, ma noi abbiamo fede e Serena ci insegna che non ci dobbiamo arrendere. Le chiedo solo se può pubblicare le mie parole, posso fare solo questo per cercare di tornare a lavorare, sperare che qualcuno veda, legga il mio appello e decida di darmi una opportunità.

Mi trovo in una situazione senza uscita: a 44 anni sono troppo giovane per andare in pensione e sono considerato vecchio e scomodo per il mondo del lavoro, inoltre, se si aggiunge la mia problematica, le possibilità che qualcuno mi offra un lavoro diminuiscono e non si sa perché. E’ vero, c’è una legge sui disabili ma non si è pensato a nessuna legge che possa tutelare i disabili minori e non che vivono all’interno di un nucleo familiare sprovvisto di una fonte di reddito. Cosa avviene dopo un licenziamento e alla conseguente perdita del lavoro? E’ una cosa al giorno d’oggi inaccettabile per un paese come il nostro; bisognerebbe aiutare chi soffre, invece lo si preferisce dimenticare.

Spero che accettiate di dare voce alla mia storia: una vera e propria richiesta di aiuto in modo da far conoscere ancora di più e ad un numero maggiore di persone la nostra vicenda, nella speranza che qualcosa migliori.
Di “speranza”, specialmente dopo determinati episodi che si sentono e si vedono sempre più frequentemente, dopo che le persone grazie a questo Stato che non ci aiuta preferiscono togliersi la vita, ne abbiamo tanto bisogno. In questi tempi scuri, non sono il solo a sentirmi smarrito davanti al male e alla violenza che ci circondano, purtroppo di fronte al dolore, alla sofferenza, ci sentiamo persi e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire.

Non sono solo discriminazioni, quelle che viviamo noi, “famiglie disabili”: molte di queste le risolviamo con il nostro ingegno. Ma purtroppo non tutti gli ostacoli possono essere superati con la buona volontà ed è per questo che chiedo il vostro interessamento.

Anzitutto ringrazio Dio per tutto quello che ho: Serena è la cosa più bella che mi ha donato.
A volte può succedere che la malattia, soprattutto quella grave, quella che non ha soluzioni, metta in crisi e porti con sé interrogativi che scavano in profondità. Il primo istinto può essere quello della ribellione, perché a me è capitato! Ma bisogna avere fede, mi dico, andare avanti.
Serena ha una malattia che la mortifica, la limita nei movimenti: ha la Distrofia Muscolare tipo Becker (DMB), attualmente non ci sono cure che possano guarirla ma solo terapie per limitare e prevenire contratture e aiutarla nella postura. E’ una malattia che ho definito scostumata, senza educazione, che non ti avverte quando viene a trovarti, ma che fino ad oggi fa la visita di cortesia e se ne va dandoti appuntamento alla prossima volta. Dobbiamo conviverci per forza, non abbiamo alternative. Anzi più lei è aggressiva e cattiva più noi la combattiamo con forza. Perché la malattia non porta via le emozioni, i sentimenti, la possibilità di capire che la persona vale molto di più del fare. Insomma, la sofferenza ci ha reso più forti, il non volersi arrendere è diventato un valore aggiunto nel nostro percorso di vita. Questo fino al dicembre 2013, quando sono incominciati i nostri problemi: fino a quel momento non ci potevamo rimproverare di niente e neanche la malattia ci faceva paura.

Ma da un giorno all’altro mi sono trovato senza lavoro, ho dovuto fare i conti col fatto che, a 44 anni il mondo può anche finire: per me sta diventando complicato anche solo  e che per me sta diventando un problema anche curarla, recarsi alla alla Antares a Caserta per fare le terapie.
Ho parlato col sindaco di Caivano e ho scritto più volte al sindaco di Napoli, ho lanciato una petizione a mio nome su change.org, ho inviato curriculum, richieste di aiuto a tutti gli imprendotori caivanesi, televisione: ma ad oggi nessun risultato. Ho parlato con l’assistente sociale del mio Comune, con la responsabile dei lavori socialmente utili, agenzie di lavoro interinali ma ho ricevuto solo non risposte che sono sinonimo di una indifferenza che fa paura. Ricevere risposte del tipo “vi faremo sapere, non vi preoccupate, al più presto vedremo, i tempi sono maturi, mi invii il suo curriculum”, tanto per prassi, è inaccettabile.

E allora mi sono domandato cosa posso fare per cercare di scuotere la coscienza di qualche brava persona che in qualche modo comprenda il problema e mi dia la possibilità di tornare a fare quello che ho sempre fatto. Tornare a lavorare e a pensare a fare, ogni giorno, qualche cosa in più per Serena. Questo è il mio desiderio. Vorrei tanto non dovermi rimproverare un giorno che potevo fare meglio e di più. Ecco perché la mia lettera ai giornali, la mia richiesta d’aiuto in ogni modo possibile.
Cerco insomma qualche anima buona che ci aiuti a non arrenderci.
Abramo Zampella
Via Turati, 30 Caivano ( Na)
tel. 333.8007822 , 3343839902″

Segue il link che conduce a change.org per poter firmare la petizione di Abramo e non farlo sentire solo.

Aiutiamo la famiglia Zampella

Fermo restando la possibilità di tendere la mano in maniera concreta, con un’opportunità lavorativa.

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