Denis Verdini: difesa a oltranza: in questi giorni sta tentando disperatamente di chiarire la propria estraneità alla vicenda giudiziaria della Consip che ha portato nelle patrie galere con l’accusa di corruzione l’imprenditore campano Alfredo Romeo.
Verdini oltre a proclamare la propria innocenza è pronto a garantire per il ministro dello Sport Luca Lotti: “Metto la mano sul fuoco – ha dichiarato Verdini – su Luca Lotti. Lo conosco bene, con lui ho un rapporto politico vero, si è dimostrato di parola, una persona per bene.
Allo stesso modo stimo Tiziano Renzi: non ce le vedo proprio come ‘intrallazzatore’, mi sembra un’accusa paradossale per un uomo legato da sempre al suo territorio, al suo paese e alla parrocchia. Per il resto non so perché qualcuno voglia tirarmi in ballo in questa faccenda ad ogni costo.
Sarà lo stato di frustrazione di soggetti emotivamente deboli, la paura o semplicemente la voglia di salvare se stessi accusando persone innocenti. Solito vecchio copione: d’altronde si sa che c’è una differenza tra chi narra serenamente di una vicenda e chi è pressato da un giudice che magari lo incalza a ritmo serrato”.
Senza macchia e senza paura: così dice di sé Denis Verdini. Nulla da eccepire se non si parlasse però dello stesso senatore Verdini condannato dal Tribunale di Firenze a 9 anni (nello specifico 7 per bancarotta e 2 per truffa) di reclusione nel processo di I grado per il fallimento del Credito Cooperativo Fiorentino (di cui lo stesso era presidente).
L’accusa era riuscita a dimostrare, in seguito ad un’ispezione della Banca d’Italia che aveva portato al commissariamento del Credito Cooperativo Fiorentino per irregolarità nella gestione, come Verdini utilizzasse l’istituto di credito come una specie di conto personale con il quale gestire operazioni in favore dei propri interessi e di quelli di persone a lui vicine.
Un vero terremoto nel mondo bancario, politico e imprenditoriale con forte ripercussioni sull’assetto politico della Regione Toscana. Eppure oggi con incredibile disinvoltura il buon Denis Verdini sembra gestire la vicenda Consip come un gossip montato dai media, una bassa manovra di disturbo nei confronti del casato “Renzi” e del deus ex machina dell’impresa Alfredo Romeo.
Verdini, un cognome legato a tante vicende giudiziarie del passato: nel 2001 appena eletto deputato fu accusato di violenza sessuale per aver aggredito una cliente della sua banca (poi assolto nel 2002 perché il fatto non sussisteva), nel 2010 venne indagato dalla Procura di Firenze per il reato in concorso in corruzione riguardo ad alcune irregolarità a lui imputabili su alcuni appalti a Firenze e alla Maddalena (sede in cui si sarebbe dovuto tenere il G8 poi spostato all’Aquila).
E ancora, solo per citare alcuni episodi che lo vedono in “stretto rapporto con la magistratura” il 12 giugno del 2012 la giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati accordò ai magistrati l’utilizzo di intercettazioni che coinvolgevano Denis Verdini nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 (in quell’occasione il Pd fu l’unico partito ad esprimere voto contrario).
Tutte coincidenze, fatalità, casi della vita: se così non fosse ci sarebbe seriamente da chiedersi come abbia fatto un uomo che vanta simili vicende giudiziarie ad essere ancora sulla breccia della politica che conta con amicizie influenti ai massimi livelli istituzionali. In sintesi: difesa estrema della “casta” o persecuzione accanita di innocenti? Ai magistrati l’ardua sentenza.
Alfonso Maria Liguori