Claudio D’Alessio, ex sindaco di Pompei: l’arresto è avvenuto nell’ambito dell’inchiesta su corruzione, turbativa d’asta e criminalità che ha scosso mezza Campania. Le accuse per l’ex primo cittadino ruotano tutte attorno alla storia dell’impianto di cremazione all’interno del cimitero di Pompei. Da ricordare che in totale sono 77 gli indagati nel blitz di finanza ed Antimafia per un totale di 18 appalti sospetti.
Al centro delle indagini della guardia di finanza e della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, per il capitolo riguardante Pompei, un appalto da 3milioni e 779mila euro per la costruzione di un impianto di cremazione nel cimitero.
A finire agli arresti domiciliari sono stati l’ex sindaco Claudio D’Alessio e il dirigente del VI settore tecnico Andrea Nunziata. Obbligo di firma per l’ex assessore Vincenzo Manocchio.
Un terremoto politico e giudiziario proprio alla vigilia della imminente tornata elettorale che dovrebbe ridare un sindaco alla città mariana e, proprio mentre lo stesso ex sindaco Claudio D’Alessio stava già rimischiando le carte per ritornare in qualche modo nella vita politica pompeiana, è stato travolto dall’inchiesta che ha colpito principalmente il suo referente politico regionale Pasquale Sommese, ex assessore e oggi consigliere regionale, anch’egli arrestato.
L’ipotesi è quella di un largo giro di favori che passavano dall’assegnazione di appalti pubblici da parte di amministrazioni “sommesiane”, come quella di Pompei, città amministrata allora da Claudio D’Alessio, ad aziende e ad imprenditori “ben selezionati” che, successivamente avrebbero ricambiato il favore finanziando le campagne elettorali proprio di Sommese.
In alcuni appalti gli inquirenti hanno accertato legami con la criminalità organizzata e in modo particolare con Alessandro Zagaria, esponente principale del clan di camorra dei Casalesi.
A Pompei questa giostra avrebbe visto, stando a quanto si legge nell’ordinanza del gip Federica Colucci,
Il sistema prevedeva la stesura di progetti, realizzati ad arte dallo studio Archicons srl di proprietà di Guglielmo La Regina (da cui il nome dell’operazione scattata ieri mattina, “The Queen”). Gli stessi progetti poi passavano come realizzati da “progettisti formali” delle ditte che partecipavano ai bandi e, attraverso un meccanismo collaudato dalla politica, venivano approvati e finanziati con fondi regionali.
Ma risulterebbe anche che lo stesso studio di architettura avrebbe stilato, almeno nel caso di Pompei, anche i documenti alla base del bando di gara che sarebbero dovuti essere prodotti dall’ufficio tecnico comunale. Dalle indagini vengono fuori una rete intrigata di accordi tra le ditte private e pubblici ufficiali con scambi di favori, aggiustamenti vari in atti pubblici e promesse di incarichi futuri oltre a mazzette in denaro contante.
Le prove della turbativa d’asta e degli accordi corruttivi sono state riscontrate nel materiale informatico rinvenuto nei pc in uso a Guglielmo La Regina, sequestrati il 20 luglio 2015; dall’analisi della documentazione di gara, acquisita presso il Comune di Pompei; dalle intercettazioni ambientali eseguite all’interno dello studio della Archicons srl e infine dall’interrogatorio di Loredana Di Giovanni, consulente di La Regina, resa ai pm.
Alla fine del contendere l’appalto vedeva in vantaggio la Rti Interfini Lavori spa. La commissione giudicatrice composta da tecnici estratti a sorte da quelli indicati dalle facoltà di Ingegneria ed Architettura della Federico II e dall’Ordine dei Commercialisti, poneva a confronto le due relazioni descrittive.
Ed è a questo punto che le sorti dell’assegnazione hanno preso un indirizzo ben definito: la relazione della ditta che fino a quel momento sembrava in vantaggio non soddisfaceva i contenuti previsti dal disciplinare di gara e non ha riscosso punteggio. Via libera quindi per l’altro contendente il Consorzio Stabile Infratech che per la sua relazione ha riscosso 32 punti.
Stando così le cose, con determina nr. 56 del 18 marzo del 2013, a firma del dirigente Andrea Nunziata, “è aggiudicato, in via provvisoria, l’appalto alla società Infratech Consorzio Stabile con il punteggio complessivo di 64,8”.
Tutta la vicenda però è stata vista dagli inquirenti attraverso la lente dei supporti informatici sequestrati. Tali documenti, si legge nell’ordinanza, provano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che “prima ancora della pubblicazione degli atti di gara”, esistevano molti contatti informatici che provano che sia la consulente dello studio Archicons srl, Loredana Di Giovanni che il titolare stesso dello studio di architettura Guglielmo La Regina, erano in possesso degli atti del procedimento, oltre che dello studio di fattibilità dell’opera.
Atti questi che, invece, risultano, come accertato dalla guardia di finanza a seguito dell’acquisizione della documentazione di gara presso il Comune di Pompei (a quei tempi amministrato da Claudio D’Alessio), formalmente predisposti da Andrea Nunziata, dirigente del VI settore tecnico, da cui l’iniziativa pubblica prende corpo.
Tra i documenti rinvenuti nella disponibilità della Di Giovanni anche due file dal titolo “Bando Pompei.doc”, recanti bozze del bando e del disciplinare di gara per l’affidamento del project financing per l’impianto di cremazione. Il primo file modificato dall’Archicons il 3 dicembre 2010, il secondo modificato sempre dallo stesso studio il 5 dicembre del 2011. Un bel po’ prima dell’effettiva apertura del bando.
Nonostante il progetto preliminare presentato dal Consorzio Infratech (poi aggiudicatario) risulti firmato dall’Atp Luigi Conte e Gmn Engineering, dall’esame dei supporti informatici sequestrati è emerso il coinvolgimento nell’operazione anche di Guglielmo La Regina e Loredana Di Giovanni, nonché di Sergio Stenti ed infine dell’ex assessore del Comune di Pompei, Vincenzo Manocchio.
Tra le tante mail rinvenute sui computer sequestrati salta all’occhio anche una comunicazione del 3 maggio 2012, condivisa tra i protagonisti di tutta la vicenda, nella quale, verso la fine, si legge: “Da ricordare sempre e non dimenticare mai che motivo di ricorso da addurre è: incompletezza del progetto preliminare!!”. E proprio l’incompletezza del primo progetto faceva sì che a risultare affidatario fosse la ditta “giusta”.