Valentino Gionta: il boss di Torre Annunziata affiliato a Cosa Nostra e referente in Campania della mafia siciliana. Un mito mai caduto negli ambienti di mala torresi, prima legato al ras del contrabbando Michele Zaza e poi alleato con i Nuvoletta di Marano.
Ufficialmente impegnato nel settore ittico della sua città negli anni ’80, esattamente dopo la sconfitta della Nco di Raffaele Cutolo, crea un clan di camorra autonomo e si schiera con i gruppi malavitosi della Nuova Famiglia.
E’ in questo periodo che il business dei Gionta cresce esponenzialmente grazie al traffico d’eroina e al controllo assoluto del mercato ittico.
Nel 1984 il clan Gionta subisce un duro colpo nella famosa strage di Sant’Alessandro che decima letteralmente i fedelissimi del ras Valentino. Un massacro ordinato da un’altra figura apicale della camorra, Antonio Bardellino, ed eseguito materialmente dagli uomini del super boss Carmine Alfieri. Valentino Gionta viene arrestato nel 1985, stanato in una tenuta degli storici alleati Nuvoletta a Marano.
Sull’accaduto un giovane cronista de Il Mattino Mattino, Giancarlo Siani, scrisse che l’arresto di Gionta non sarebbe stato altro che “il prezzo pagato dai Nuvoletta per giungere ad una pace con i Bardellino”. Parole che costarono la vita a Siani trucidato dai sicari nei pressi della sua abitazione nel quartiere Vomero a Napoli il 23 settembre del 1985.
Valentino Gionta è stato condannato per associazione camorristica, traffico di cocaina, corruzione (2 appalti di edilizia scolastica e rete fognante del Quadrilatero delle Carceri, rione di Torre Annunziata dove lo stesso Gionta abitava, per un giro di affari nel primo caso di 33 miliari di lire e nel secondo di 11 miliardi e 800 milioni), duplice omicidio, concorso in estorsione ai danni dei grossisti del mercato ittico di Torre Annunziata e voto di scambio.
Gionta è detenuto dal 1985 nel carcere di Novara e dal 2007 sottoposto al 41 bis conseguentemente alla ripresa della faida a Torre Annunziata. Una figura criminale carismatica, con spiccate doti imprenditoriali che ha saputo costruire intorno a se un alone di intoccabilità per anni. Tanti politici, amministratori, professionisti e imprenditori al soldo del boss di Torre Annunziata: un prestigio malavitoso mai perso nel corso del tempo che ha consentito ai figli di tenere testa ai clan rivali nelle numerose faide locali per il controllo degli affari illeciti sul territorio.
Un clan quello dei Gionta alleato con numerosi gruppi camorristici dell’hinterland vesuviano come i Birra di Ercolano a cui “i valentini prestarono” i killer per il duplice omicidio dei fratelli Marco e Maurizio Manzo avvenuto in un bar di Terzigno nel 2007. A sparare in quell’occasione, secondo le dichiarazioni dell’ex killer dei Gionta Michele Palumbo, fu il capo del gruppo di fuoco dei ”valentini” Umberto Onda.
Quello tra i Birra e i Gionta era un vero e proprio cartello criminale per dividersi il malaffare e colpire in territorio nemico senza essere riconosciuti dai rivali e dalle forze dell’ordine (come prova lo scambio di sicari tra i due clan). Tutt’altro che tramontato il clan Gionta rappresenta ad oggi una realtà criminale attiva e potente con roccaforte a Torre Annunziata e influenze malavitose forti sui paesi confinanti.
Un gruppo criminale fondato da un boss che non si è mai pentito: questo particolare riempirebbe di orgoglio i giovani affiliati che, complice la scarsa scolarizzazione e l’inoccupazione endemica in certe zone, vedrebbero in Valentino Gionta un eroe epico, vicino alle ambasce della povera gente e pronto a difendere la propria leadership criminale sul territorio a qualsiasi costo. Da qui l’espressione udibile facilmente tra i vicoli di Torre Annunziata pronunciata anche dai più piccoli: “Io appartengo ai valentini”.
Alfonso Maria Liguori