Ferdinando Cesarano: un boss da sempre membro del direttivo della Nuova Famiglia figlioccio di cresima del padrino Carmine Alfieri. Nanduccio ‘e Ponte Persica (località al confine tra Castellammare di Stabia e Pompei), ‘o Pagliaiuolo: questi gli pseudonimi che identificano un capo camorra detenuto dal 10 giugno del 2010 nell’area speciale del carcere di Parma in regime di 41 bis.
Arrestato nel maggio del 1993 era riuscito ad evadere in modo clamoroso dall’aula bunker di Salerno nel giugno del 1998. ‘O Pagliaiuolo deve scontare 3 ergastoli, più altri 12 anni e 3 mesi inflittigli in via definitiva per associazione camorristica nel 2006. Un capo carismatico e spietato della Nuova Famiglia che ha sempre negato lo stretto legame con Carmine Alfieri.
Ai giudici che gli contestarono di essere stato persino cresimato da Alfieri, Cesarano rispose che si era trattato di un caso: la persona che avrebbe dovuto fargli da “compare” all’ultimo momento ebbe un incidente e quindi fu chiesto il “piacere” al primo soggetto disponibile, ovvero Carmine Alfieri.
Una spiegazione tanto balorda quando indicativa della sfrontatezza di un boss famoso per gli scatti d’ira: persino il fratello venne più volte brutalmente zittito in summit di camorra nei quali Cesarano non perse mai occasione di precisare come le decisioni più importanti in merito alle strategie da adottare nella gestione del clan spettassero esclusivamente a lui.
In realtà Ferdinando Cesarano è stato il braccio destro di Carmine Alfieri, uomo di tale fiducia da conoscere tutti i nascondigli del numero 1 della Nuova Famiglia ed essere sempre presente nei gruppi di fuoco impiegati negli omicidi eccellenti come la strage degli uomini di Valentino Gionta a Torre Annunziata, l’assassinio dell’imprenditore Antonio Malventi (sospettato di aver tradito Alfieri vendendo alcuni affiliati alle forze dell’ordine), fino al caso eclatante dell’uccisione di Peppe Rocco, pezzo da 90 dello schieramento di Alfieri punito con la morte per l’improvvisa decisione di mettersi in proprio.
Si narra che in un primo momento Cesarano si oppose all’omicidio Rocco spiegando ad Alfieri che si trattava del suo migliore amico: invece poi portò a termine la spedizione di morte. Poco dopo aver compiuto l’agguato mortale, secondo quanto riferito dal pentito Pasquale Galasso, Cesarano corse a casa a cambiarsi gli abiti sporchi di sangue per poi recarsi dal padre dell’uomo che aveva poco prima assassinato per porgere le condoglianze.
Attraverso l’usura, il contrabbando, il racket, Ferdinando Cesarano accumulò negli anni un vero e proprio patrimonio: un potere economico tale da tentare di acquistare gli stabilimenti cinematografici De Paolis a Roma, operazione già avviata però da Pasquale Galasso che diventò, una volta passato tra le fila dei collaboratori di giustizia, tra i principali accusatori di Nanduccio ‘e Ponte Persica.
I giudici scrissero di lui: “La straordinaria disponibilità economica consente a Ferdinando Cesarano di soccorrere gli imprenditori in difficoltà del vesuviano attraverso prestiti usurai a tassi d’interesse altissimi. Inoltre Cesarano svolge una vera e propria funzione sociale sul territorio, intervenendo per dirimere liti e contrasti tra imprenditori concorrenti e scoraggiando nel proprio regno, anche con metodi estremamente violenti, la microcriminalità e lo spaccio di stupefacenti”.
Ferdinando Cesarano, mai pentito, incarna la figura del padrino di altri tempi emulato dai giovani che vivono ‘di strada’ e legato profondamente ai luoghi d’origine. Un boss talmente potente da essere temuto dai clan della vicina Torre Annunziata e di Castellammare di Stabia, sempre pronti a trattare con i Cesarano ma estremamente attenti a non pestare i piedi al leader criminale di “Ponte Persica”.
Alfonso Maria Liguori