Tanta passione, un sogno e la Panchina d’Oro 2017: la storia di Sarri

Nel Paese del nepotismo, della raccomandazione e della fuga dei cervelli, c’è un uomo che da circa  due anni sta dimostrando che la passione, il duro lavoro e i meriti, abbinati certamente ad una buona dose di fortuna, talvolta premiano.

Stiamo parlando di Maurizio Sarri, tecnico dell’SSC Napoli, che tempo addietro, al sicuro posto in banca preferì inseguire il sogno di diventare un allenatore di calcio ad alti livelli.

Il tecnico toscano, qualche giorno fa si è aggiudicato la Panchina d’Oro 2017, superando di tre voti il suo rivale bianconero Massimiliano Allegri, in una serata che ha visto trionfare non solo l’uomo medio ma la meritocrazia italiana. Una meritata soddisfazione per il tecnico toscano arrivata, grazie ai voti dei suoi colleghi, a coronamento di una carriera che, a partire da Stia, l’ha portato ad insegnare il suo calcio a tutti i livelli, fino alla massima serie dove si è proposto come grande novità ma anche come allenatore vecchio stampo, dal fare verace, che a molti ha fatto storcere il naso.

Maestro di tattica, abbina uno studio maniacale delle partite e delle situazioni di gioco che in essa si possono presentare, ad un lavoro psicologico che da sempre fa sui giovani e sui meno giovani portandoli ad esprimere alte percentuali del loro valore assoluto.

Il gioco fluido e spettacolare riconosciuto ormai anche a livello europeo non è altro che una logica conseguenza di quanto appena detto e lo colloca con pieno merito al primo posto tra gli allenatori in Italia.

Dopo i mille dubbi iniziali legati al suo arrivo al Napoli, che a quei tempi aveva si acquisito maggiore consapevolezza europea grazie all’esperienza Benitez, ma che si ritrovava con le ossa rotte per una Champions sfuggita all’ultima giornata, hanno prontamente colto il potenziale di questo fenomeno toscano eleggendolo a furor di popolo come il vero top-player della squadra.

Dopo due stagioni di bel calcio, ad oggi tutti sperano in lungo sodalizio tra le parti certi del fatto che con lui al timone, De Laurentiis permettendo, si arriverà nel giro di pochi anni alle tanto agognate soddisfazioni calcistiche che la città di Napoli e i suoi tifosi meritano. Proprio come fu al tramonto degli anni 80 quando a dilettare la gente nel tempio di Fuorigrotta c’era l’argentino dai piedi fatati.

Giuseppe D’Ambrosio

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