Osannato nei vicoli a ridosso dell’ex roccaforte di Palazzo Fienga, nel cuore storico di Torre Annunziata, dai giovani disoccupati che sbarcavano il lunario grazie prima al contrabbando di sigarette e poi al traffico di stupefacenti, Valentino Gionta si è saputo abilmente inserire nel tessuto politico di Torre Annunziata negli anni ’80: una sorta di deus ex machina per licenze commerciali, edilizie, condoni e pratiche amministrative di competenza dell’amministrazione locale e della Regione.
I figli Aldo e Pasquale hanno cavalcato l’onda alzata dal padre senza mai riuscire però a eguagliare il mito criminale di chi ancora oggi mentre scriviamo viene esaltato dai ragazzini nemmeno adolescenti che popolano i vicoli di Torre Annunziata. Tante le figure rilevanti vicine al boss: tra queste ricordiamo quella di Alfonso Agnello, alias “Chiò Chiò”, Umbero Onda, capo del gruppo di fuoco dei valentini, capace di colpire ovunque nel vesuviano e particolarmente temuto dai sodalizi criminali della vecchia camorra per la spietatezza del modus operandi e il noto cantante neo melodico Tony Marciano.
Famosa l’esternazione di Marciano che mentre veniva condotto in manette nell’auto dei carabinieri subito dopo l’arresto nel luglio del 2012 alla vista dei giornalisti avrebbe esclamato: “Se facevo un concerto non avrei visto tante telecamere”. L’accusa per il cantante fu di spaccio di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso. In eterno contrasto con i Gallo-Cavalieri, i Gionta si sono distinti per la particolare capacità organizzativa sul territorio.
Sentinelle armate in moto sul lungomare, nella zona porto e nei varchi che conducono alla chiesa della
Una cosa è certa: con i Gionta non si scherza e non lo si è potuto fare mai, come dimostrano le dichiarazioni dei pentiti che parlano di rispetto nei confronti dei valentini da parte dei potenti clan di Castellammare di Stabia e Ponte Persica (D’Alessandro e Cesarano). Purtroppo in certe realtà si fa presto a confondere i valori e inseguire modelli sbagliati forse perché unici.
In tal senso il lassismo delle istituzioni ha giocato un ruolo determinante favorendo indirettamente la crescita esponenziale della malavita torrese. I nuovi “giontiani” sarebbero giovanissimi, tatuati e pronti a tutto pur di emergere nel contesto criminale torrese: uno solo lo slogan che unisce il clan , quasi un inno di battaglia “Apparteniamo ai valentini”. Un ritornello che ancora macabramente affascina una parte dei giovani torresi.
Alfonso Maria Liguori