Raffaele Cutolo: il boss dei boss fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata. Per comprendere chi sia stato Cutolo e descriverne le gesta criminali non basterebbe un’enciclopedia. Nato a Ottaviano il 4 novembre del 1941 (i documenti riportano il 10 dicembre per un errore di trascrizione all’anagrafe, un particolare usato più volte dai suoi difensori in sede processuale) Raffaele Cutolo si sposò da piccolo con la logica spietata della malavita organizzata.
Aniello Scamardella, un luogotenente del boss Alfredo Maisto che controllava il mercato nero campano, nascose nei pantaloncini di Cutolo bambino la pistola da usare per uccidere un commerciante del posto per motivi legati alla trattativa del bestiame. L’omicidio decretò l’inizio della carriera criminale di Raffaele Cutolo che prese spessore nel 1963 in seguito all’omicidio di un giovane di Ottaviano che aveva osato rivolgere epiteti volgari in strada alla sorella del boss Rosetta mentre aiutava il fratello a spingere l’auto rimasta senza benzina sul viale principale del paese.
Quell’assassinio fu commesso con le mani senza uso di armi. Dopo due giorni di latitanza Cutolo si consegnò ai carabinieri, fu processato e condannato all’ergastolo (pena poi ridotta a 24 anni di reclusione). A Poggioreale Cutolo sfidò a duello Antonio Spavone, capo storico della camorra, che non si presentò all’appuntamento: un fatto questo che fece accrescere enormemente la fama del ras di Ottaviano tra i detenuti. Scarcerato per decorrenza dei termini nel 1970 e riarrestato dopo una breve latitanza nel 1971 Cutolo gettò dal carcere di Poggioreale le fondamenta dell’organizzazione malavitosa che sarebbe passata alla storia come Nuova Camorra Organizzata.
All’interno di questo mega sistema criminale i picciotti, il camorrista, lo sgarrista, il capozona e il santista (Pasquale Barra ricoprì questo ruolo apicale all’interno della Nco insieme all’imprenditore Vincenzo Casillo, a Davide Sorrentino, Antonio Cuomo e Giuseppe Puca). La Nco si ispirò ad un’ideologia pseudo meridionalistica attingendo alla propaganda delle organizzazioni terroristiche. Cutolo da latitante girò tra la gente dei paesi vesuviani (e non solo), baciando bambini e regalando denaro alle famiglie bisognose.
“Mio fratello non è un camorrista come dite voi – rispose ai giudici la sorella Rosetta – chiede solo ai commercianti e agli imprenditori di ricordarsi degli amici detenuti e delle persone che ‘non hanno’ dei rispettivi paesi. Un benefattore, un uomo sfortunato che sta pagando con il carcere i suoi errori”. Biagi chiese a Raffaele Cutolo, in una celebre intervista, se si sentisse un po’ Robin Hood e il boss rispose: “Eh sì, bravo, diciamo così, una specie di Robin Hood”.
Confidente, consigliera e manager della Nco, la sorella di Cutolo Rosetta non si è mai lasciata intimidire dai giudici o dalle telecamere. Spietata e calcolatrice l’ala rosa della famiglia Cutolo seppe tener testa ai più agguerriti clan della Nuova Famiglia nella guerra che vide per anni contrapposte le due fazioni. Una mattanza senza precedenti combattuta tra la Nco e boss del calibro di Pasquale Galasso, Carmine Alfieri, Lorenzo Nuvoletta, Mario Fabbrocino, Luigi Giuliano (solo per citarne alcuni).
La grande intuizione criminale di Cutolo fu quella di creare uno stato nello Stato con assistenza continua per gli affiliati, copertura legale e assicurazione sulla vita in caso di decesso dei camorristi a beneficio dei familiari. Sul libro paga della Nco politici, pubblici funzionati, appartenenti alle forze dell’ordine, imprenditori e insospettabili professionisti. Raffaele Cutolo venne indicato come il mediatore tra Stato e Brigate Rosse per la liberazione dell’assessore regionale ai lavori pubblici Ciro Cirillo, sequestrato dai terroristi nel garage della sua villa a Torre del Greco il 27 aprile del 1981 (nel rapimento persero la vita Luigi Carbone, maresciallo di polizia e l’autista Mario Cancello mentre il segretario di Cirillo, Ciro Fiorillo, fu gambizzato).
Una fitta nebbia avvolge a tutt’oggi la trattativa per la liberazione di Cirillo (che andò a buon fine): si parlò di intervento dei servizi segreti, di pressioni politiche rilevanti e di una certa perplessità dello stesso Cutolo che non comprese una così forte attenzione per salvare la vita di un “semplice assessore regionale” quando poco prima non ci si era mobilitati con altrettanta energia per la liberazione dell’onorevole Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana ucciso dalla Br nel 1978 (il corpo di Moro fu ritrovato nel bagagliaio di un’auto il 9 maggio in via Caetani a Roma).
Come abbiamo precisato all’inizio sulla figura di Raffaele Cutolo ci sarebbe da scrivere un romanzo: mai pentito, colpito negli affetti duramente (il figlio Roberto fu ucciso il 19 dicembre del 1990 dalla Nuova Famiglia ad Abbiate Guazzone, mandante il boss Mario Fabbrocino condannato per quel delitto all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano), recluso in regime di massima sicurezza da decenni e super controllato Cutolo materializza ancora oggi l’ideale del camorrista perfetto, ovvero consapevole della capacità offensiva del potere punitivo e capace con il proprio carisma di forgiare un vero e proprio esercito di affiliati.
Giovani, anziani, donne e persino bambini pronti a dare la vita per don Raffaele che, come riportò un’inchiesta televisiva girata tra le strade di Ottaviano, era “prepotente con i prepotenti” ma sempre pronto ad aiutare la povera gente, la sua gente. Un uomo che conquistò castelli e feudi sfidando da solo persino lo Stato, l’unica partita che il ras di Ottaviano non vinse mai. Nei suoi deliri di onnipotenza Cutolo cercò di imporre una sola logica criminale sul territorio campano stringendo forti legami con Cosa Nostra e tenendo sempre a bada all’interno dei confini regionali gli esponenti della ‘Ndrangheta.
In molti si sono chiesti e si chiedono che fine abbiano fatto i professionisti, i politici, i pubblici funzionari che pur non essendo mai incappati nelle maglie della giustizia devono tutto a Raffaele Cutolo. Una domanda inquietante a cui forse solo la memoria vivente di don Raffaele potrebbe dare risposta. Raffaele Cutolo: un genio del crimine che ha saputo tirare dalla sua parte diseredati ed emarginati di una società civile sempre troppo distante dalle ambasce esistenziali della povera gente.
Alfonso Maria Liguori