Gli imputati condannati per reati non gravi, invece che in cella, finiranno a lavorare per il Comune di Striano. La ramazza al posto del carcere; la pena espiata attraverso lavori utili ai cittadini, in alternativa alle giornate trascorse in una cella. Il tutto vestendo i panni del “dipendente comunale”, almeno sino a quando il condannato non avrà saldato il conto con lo stato.
Parte anche a Striano un singolare progetto pilota finalizzato a far espiare la pena presso Enti pubblici, e soprattutto a fin di bene, a quanti verranno condannati per reati non gravi. Nel mese scorso infatti la giunta del sindaco Aristide Rendina ha approvato lo schema di convenzione con il Tribunale di Torre Annunziata, finalizzata a promuovere attività lavorativa non remunerata, a favore della collettività, da parte di persone in esecuzione penale.
I detenuti saranno inseriti in un progetto che punta ad un duplice scopo: da un lato, dare l’occasione a queste persone di dimostrare alla città la propria volontà di riparare i danni che, trasgredendo le regole e commettendo un reato, hanno arrecato alla collettività. Dall’altro, dar loro l’opportunità di imparare, attraverso la formazione e concretamente, un lavoro che potrà aiutarli, una volta scontata la pena e tornati liberi, a trovare una occupazione e reinserirsi così nella società civile.
Il progetto, promosso dal ministero della Giustizia, ha una durata di un anno e prevede l’accoglienza strianese di due persone condannate. A coordinare la prestazione dei condannati saranno l’architetto Vittorio Celentano, responsabile del settore Lavori pubblici, e l’assistente sociale Fernando Esposito.
Tanti i lavori che potranno essere eseguiti: dalla manutenzione dei giardini, dei parchi e delle ville esistenti sul territorio all’impiego nella tutela del patrimonio ambientale e culturale e non da meno in lavori con finalità di protezione civile, anche mediante il soccorso prestato alla popolazione in caso di calamità naturali.
Un’iniziativa che secondo il ministero della Giustizia può portare alla completa riabilitazione della persona condannata. Insomma la pena come occasione di recupero. I soggetti che usufruiranno di questo “beneficio” ovviamente non dovranno essere pluripregiudicati, ma soprattutto dovranno rendersi più che disponibili a svolgere i compiti loro affidati.
Anche perché chi coordinerà le prestazioni lavorative dei condannati, scontata la pena, dovrà redigere al Tribunale una relazione attestante il “comportamento” e del soggetto affidato al comune. Descrivendo appunto l’impegno profuso a favore della comunità e i compiti affidatigli.
Resta inteso che comunque spetta alla persona condannata, chiedere di poter beneficiare di questa nuova possibilità, scontando la pena fuori dal carcere e soprattutto in modo diverso e utile.
Raffaele Massa