La terra continua quindi a tremare, seppur con leggeri scosse di terremoto. Nessun allarmismo, l’area vesuviana è solita doversi confrontare con tali movimenti. Gli eventi sismici rientrano nell’attività normale di fondo del vulcano che domina il golfo di Napoli.
Un altro episodio simile si è verificato il 10 aprile scorso con magnitudo 2.5. Anche in quell’occasione l’epicentro della scossa di terremoto si trovava a 5 chilometri da Massa di Somma a una bassa profondità: un chilometro, a pochi metri dalla bocca del vulcano, sul sentiero del Gran Cono. Il 12 marzo, invece, una piccola frana aveva interessato l’interno del cratere ed aveva generato delle leggere onde sismiche di superficie registrate dai sismografi ma non avvertite dalla popolazione.
Da ricordare che negli ultimi giorni l’area campana è stata oggetto di nuovi studi per quanto riguarda i Campi Flegrei, con nuove ricerche da parte dei ricercatori dell’Ingv che tengono il polso della situazione. Una parte di essi però è convinta che il bradisismo, i terremoti e il cambiamento dei gas potrebbero essere causati da preoccupanti movimenti magmatici, preludio a un possibile risveglio del vulcano. Altri, invece, interpretano le variazioni come più rassicuranti segnali di assestamento e stabilità del sistema.
Un nuovo metodo di analisi geochimica dei gas fumarolici messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano, in collaborazione con l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, che analizza circa 35 anni di dati – come spiega Giuseppe De Natale ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano – “dimostra chiaramente ed in modo diretto che negli episodi recenti di sollevamento del suolo ai Campi Flegrei non è coinvolta una risalita di magma nei serbatoi superficiali; al contrario, le marcate anomalie geochimiche registrate in questo periodo sono dovute al rispristinarsi delle normali condizioni del sistema, in cui le emissioni superficiali provengono dalla camera magmatica profonda.”
D’altro canto un altrettanto recente lavoro, condotto dalle sezioni di Bologna e Napoli dell’Ingv, che è consistito nel monitoraggio dei Campi Flegrei analizzando, nel periodo 2010-2014, il rumore sismico ambientale, ovvero le oscillazioni del terreno causate dalle onde oceaniche che si registrano sempre e ovunque e, come spiega Lucia Zaccarelli ricercatrice Ingv della sezione di Bologna, interpreta le “variazioni in termini di un movimento magmatico profondo e di un progressivo ma costante riscaldamento del sistema idrotermale”.