Scognamiglio, alias “gnappetto”, fu arrestato pochi mesi dopo il fatto: per gli inquirenti Scognamiglio era un armiere del clan Gionta e responsabile, insieme ad altri complici, dell’agguato mortale ai danni di Genovese e De Angelis.
Le indagini identificarono in Scognamiglio l’autista dell’auto che trasportò i killer dei 2 pusher in forza ai Gallo-Cavalieri e lo stratega pianificatore dell’intera operazione criminale. In quel periodo i Gionta volevano dare un chiaro segnale agli storici rivali: ecco perché ogni incursione doveva essere portata a termine con la massima ferocia e in modo plateale al fine di seminare il panico tra i fedelissimi dei Gallo-Cavalieri sempre più determinati a detronizzare i “valentini”.
L’affiliato al clan Gionta resterà comunque in carcere
Qui entrerebbe in gioco la componente carismatica che ha sempre contraddistinto il clan Gionta: il boss Valentino, sebbene rinchiuso al 41 bis con fascicolo personale riportante “fine pena mai”, non avrebbe mai perso il controllo del territorio, criminalmente parlando, restando un mito malavitoso per tanti giovanissimi affiliati che attraverso i racconti di genitori e parenti hanno continuato a tramandare le gesta camorristiche di chi era riuscito a fermare persino la Nco di Raffaele Cutolo.
Salvatore Scognamiglio resterà in carcere per un’altra pena residua e cumulativa di 15 anni per reati che vanno dalla detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio all’associazione a delinquere. Il clan Gionta è stato capace negli anni di rigenerarsi con incredibile rapidità che però nei figli del ras Valentino Pasquale e Aldo non avrebbe trovato i successori ideali di un padrino di camorra talmente potente da infiltrarsi nel mondo politico istituzionale avendo sul libro paga insospettabili professionisti, cattivi amministratori e infedeli appartenenti alle forze dell’ordine.
Alfonso Maria Liguori