Strage di Capaci, arriva a Napoli la Quarto Savona Quindici

L’occasione è quella del 25esimo anniversario della strage di Capaci, dove esplose l’auto Quarto Savona Quindici con a bordo il capo scorta Antonio Montinaro e gli altri poliziotti addetti alla tutela di Giovanni Falcone

quarto savona quindici napoliQuesta mattina alle ore 10 arriverà a piazza Municipio a Napoli la teca contenente i resti dell’autovettura Quarto Savona Quindici, ovvero il veicolo di scorta del giudice Giovanni Falcone.

Il Comune di Napoli, in collaborazione con la polizia di stato, accoglierà l’iniziativa denominata “La memoria in marcia”, organizzata dall’associazione Quarto Savona Quindici alla presenza di Tina Martinez Montinaro, vedova di Antonio capo scorta del giudice Falcone.




L’iniziativa è partita lo scorso primo maggio da Peschiera del Garda con tappe programmate a Sarzana (Sp), Pistoia, Riccione, Monte San Giusto (Macerata), Napoli, Vibo Valentia, Locri (Rc) e infine Palermo il 23 maggio, data della ricorrenza dell’attentato.

L’occasione è quella del 25esimo anniversario della strage di Capaci, dove esplose l’auto Quarto Savona Quindici con a bordo il capo scorta Antonio Montinaro e gli altri poliziotti addetti alla tutela di Falcone, e vuole essere un omaggio alla memoria di quanti persero la vita in quell’ignobile agguato mafioso.

All’iniziativa sarà presente il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, il prefetto di Napoli Carmela Pagano, il questore Antonio De Iesu, gli assessori alla Scuola e alla Legalità Annamaria Palmieri e Alessandra Clemente oltre alle più alte cariche cittadine, della società civile impegnata sui temi della lotta alla criminalità e della giustizia sociale oltre ad alcune scuole del territorio. (Il testo continua dopo il video)

Commemorazione e riflessione per la Quarto Savona Quindici

Per l’occasione si esibirà il Coro della Città di Napoli diretto dal maestro Carlo Morelli e verrà letto un monologo a cura del regista teatrale Ivan Scherillo. Un momento di commemorazione ma anche di riflessione profonda: servitori dello Stato, onesti lavoratori persero la vita per aver osato sfidare la mafia, per aver protetto dai tentacoli di Cosa Nostra un magistrato, Giovanni Falcone, che era arrivato talmente in alto nelle sue indagini da diventare forse scomodo non solo alla cosiddetta cupola mafiosa.

A noi eredi dell’eroismo di questi valorosi difensori della Repubblica il compito di tramandare alle generazioni future amore per la legalità e fiducia nelle istituzioni. Difendere la giustizia vuol dire innanzitutto essere con le proprie esistenze testimoni di legalità e buon senso: su questo punto una buona parte della politica nostrana dovrebbe seriamente interrogarsi.

Non si tratta di polemizzare contro alcuno ma di evitare che vengano poi strumentalizzate testimonianze tanto significative per il Paese quali quelle offerte in vita dal giudice Giovanni Falcone e dalla sua scorta (come dal giudice Paolo Borsellino, dalla sua scorta e da tutti gli uomini e donne che hanno dato la vita per lo Stato). A nostro umile avviso questa sarebbe veramente un’infamia che quelle splendide persone e la parte Sana del Paese non meriterebbero affatto.

Alfonso Maria Liguori

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