Il capo della polizia di stato, il prefetto Franco Gabrielli, a margine di un convegno sullo sport alla caserma “Nino Bixio” di Napoli ha affrontato il delicato tema delle continue stese di camorra nel rione Sanità.
“Le stese sono figlie – ha precisato Gabrielli – di una efficace azione repressiva che ha disarticolato le organizzazioni più strutturate ma ha dato sfogo a quella delinquenza, quel bullismo che poi diventa criminalità. Noi facciamo la nostra parte ma la parte più straordinaria dovrebbero farla altre agenzie, altri contesti, a partire anche dalla società civile”.
Parole eloquenti che lasciano poco spazio alla libera interpretazione, ulteriormente chiarite da un altro passaggio di Gabrielli: “Il male oscuro dell’Italia è il distacco tra la gente e le istituzioni, vissute come distanti dalle persone. Ancora oggi si immagina che la scorta possa essere uno status simbol. La forza più straordinaria è l’esempio: se ognuno di noi, a partire dal capo della polizia, viaggiasse senza scorta quando è libero dalle sue attività di servizio, credo sarebbe un bel segnale per tutti”.
Napoli e la camorra: è “la scorta” il problema?
Chiaro il messaggio di Gabrielli: sull’ultimo concetto ci sarebbe però molto da discutere. Facile dire viaggiare senza scorta quando non si è in servizio, una condizione ben diversa da chi senza uniforme a tutelarlo è nato e cresciuto in realtà dove per decenni le istituzioni faticavano persino ad entrare.
E’ doveroso sottolineare questo principio nel rispetto della dignità di chi per vivere onestamente in certi contesti ha pagato prezzi altissimi. La camorra nei tanti quartieri ghetto ancora esistenti a Napoli e nell’hinterland la fa da padrona: per avere un lavoro devi rivolgerti al sistema, come per un prestito che le banche regolari non elargirebbero mai a persone sprovviste delle dovute garanzie.
Non si possono più ignorare simili miserabili realtà, voltarsi dall’altra parte fingendo che la camorra non esista ma sia solo un’invenzione della stampa. Perché i veri potenti a Napoli vivono così, blindati a 360 gradi e talmente lontani dalle ambasce della gente “ordinaria” da reputare tali problemi esistenziali inesistenti. Della serie: meno sermoni e più fatti per restituire dignità e sicurezza alla capitale del Mediterraneo.
Alfonso Maria Liguori