La Corte Costituzionale si pronuncerà sulla questione di costituzionalità dello sblocca Italia su Bagnoli. La IV Sezione del Consiglio di Stato (sentenza parziale n. 2407 del 2017) ha respinto tutte le critiche mosse dal Comune di Napoli e dalla società Bagnoli Futura contro i provvedimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, così confermando quanto già deciso in primo grado dal Tar Campania.
Nello stesso tempo ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di costituzionalità sull’art. 33 del dl 133 del 2014, nella parte in cui esso disciplina le procedure per la bonifica e il recupero urbano dell’area inquinata di Bagnoli, area ex Italsider, prevedendo, in particolare, l’esproprio dei terreni (ora di proprietà della società pubblica Bagnoli Futura in liquidazione) in favore di Invitalia quale soggetto incaricato della bonifica.
Il primo profilo di possibile incostituzionalità riguarda l’attribuzione allo Stato in via esclusiva anche dei compiti relativi alla rigenerazione urbana dell’area di Bagnoli. Secondo la Quarta Sezione mentre la bonifica ambientale rientra senza dubbio alcuno nelle prerogative legislative dello Stato, il recupero dell’area urbana afferisce invece alla più ampia materia del governo del territorio di competenza concorrente Stato-Regione, con la conseguenza che essa dovrebbe prevedere una previa intesa tra i due soggetti e forme specifiche di valorizzazione del ruolo del Comune di Napoli.
Espropri a Bagnoli: valori “aleatori”
La seconda questione riguarda le modalità di corresponsione dell’indennità di esproprio, per la quale il decreto dispone il ricorso a strumenti finanziari. Per la Sezione il concetto di strumenti finanziari in quanto comprensivo di strumenti il cui valore effettivo è molto aleatorio determina incertezza nella corresponsione di una indennità che sia effettivamente commisurata al valore dei terreni, come invece impone la normativa europea e costituzionale.
Una questione estremamente tecnica che rischia di rallentare ulteriormente la bonifica di un territorio violentato per decenni da politiche industriali scellerate. Troppi passaggi burocratici e conflitti di competenze per un sito che avrebbe dovuto ricevere da tempo ben altra attenzione da parte delle istituzioni.
Alfonso Maria Liguori