Sembra proprio un reality a puntate senza fine. I personaggi sono tutti rilevanti, di quelli che spesso occupano le prime pagine dei giornali. Non c’è distinzione di sesso. Allo stesso modo vengono trattate le femmine e i maschi. E’ certo però che dopo l’evento dirompente la vita dei protagonisti si trasforma, cambia. Se c’immedesimiamo nella parte e immaginiamo le conseguenze che ci potrebbero essere se le nostre conversazioni riservate, telefoniche o meno, venissero rese pubbliche, allora possiamo ben comprendere la questione.
Tornano di attualità le intercettazioni con il caso Renzi, padre e figlio
Il tema delle intercettazioni telefoniche irrilevanti, o tali da violare la riservatezza e la dignità di persone estranee all’indagine, è tornato d’attualità con il caso Renzi, padre e figlio. Una telefonata intercettata, e diffusa come scoop dal giornalista del Fatto Quotidiano Marco Lillo, in cui Matteo Renzi scongiura il babbo di dire la verità ai magistrati sui suoi rapporti con l’imprenditore napoletano Romeo. Un’intercettazione che non penalizza il segretario del Pd, anzi. Tant’è che i soliti dietrologi leggono una fuga di notizie pilotata ed una telefonata fatta ad hoc dall’ex presidente del Consiglio sapendo che il telefono era sotto controllo.
Le fughe di notizie spesso hanno gole profonde che per i loro interessi più vari fanno arrivare i messaggi ai giornalisti. E per quest’ultimi, al di là dei tanti codici etici che spuntano da ogni lato della loro professione, alla fine quello che conta è la “notizia” da pubblicare se è d’interesse pubblico. Pensare, quindi, che la questione si possa risolvere a “valle” con pene severe per chi scrive è pura fantasia.
Tante le imprese private d’intercettazioni
C’è poi la faccenda di chi intercetta. “Gli apparati dello Stato naturalmente”, avrebbe risposto l’ignaro cittadino ad una domanda sul tema. E invece no. L’elenco delle ditte private che danno i loro servizi intercettativi allo Stato è lungo. C’è di tutto, anche società che hanno partecipazioni societarie estere. Tra le imprese private d’intercettazioni è stata costituita un’associazione che si chiama Iliia ed il cui presidente è Tommaso Palumbo. In un’intervista Palumbo asserisce la necessità della “riappropriazione da parte dello Stato di alcune funzioni, per esempio le attività di registrazione per le quali già adesso esistono strutture ad hoc nelle procure; la fissazione di un listino unico nazionale delle attività fornite alle procure, in modo da poter prezzare con più precisione i servizi di volta in volta resi; la riqualificazione delle reti di comunicazione utilizzate dallo Stato, per esempio la rete interforze”. Parole di grande buon senso che dovrebbero in verità essere pronunziate da altri. Ma perché delle società imprenditoriali fanno richieste che apparentemente sono in contrasto con i loro interessi? Semplice. Oggi i pagamenti avvengono con ritardi enormi. Una razionalizzazione del sistema aiuterebbe anche loro.
Lo sfogo di Renzi sui social
In un lungo sfogo su Facebook Matteo Renzi afferma tra l’altro: “La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro”.
Non è l’unico il segretario del Pd a chiamare in causa le Procure della Repubblica. Secondo il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: “Per esperienza quando c’è una violazione, una fuga di notizie, esce o dalla Procura o dalla polizia giudiziaria. E, in genere, quando la polizia giudiziaria fa la fuga di notizie, c’è quanto meno una sorta di silenzio-assenso da parte della Procura”. L’affermazione di Gratteri è condivisa da Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, che nella trasmissione di Giovanni Minoli “Faccia a faccia” su La7 ha affermato: “Ha ragione Gratteri che è un grande magistrato ma con cui non sono sempre d’accordo”. Se così è, purtroppo, forse è il caso di ipotizzare azioni investigative autonome del Csm. Un’assurdità? Forse, ma l’impunità di cui le gole profonde godono nel nostro bel Paese è un vero scandalo che coinvolge anche i tantissimi magistrati e poliziotti che con dedizione e sacrificio ogni giorno fanno il loro difficile lavoro. E’ proprio il caso d’intervenire sulla materia non a valle – servirebbe a poco – ma a monte, anche per smentire il sarcastico Giulio Andreotti: “La legge è uguale per tutti, tranne per i magistrati. Forse perché nei tribunali ce l’hanno scritto alle spalle e fanno fatica a girarsi”.
Elia Fiorillo