In fatto di sanità, di salute personale e familiare “non ci sono santi che tengano”. Nel senso che ogni mezzo è buono per provare a salvarsi la vita. Nemmeno il “made in Italy” diventa rassicurante. Se si ha la speranza – e i soldi – che il rimedio ci possa essere nelle sapienti mani del chirurgo “made in China”, o negli “United States of America”, o “in capo al mondo”, non ci sono problemi o critiche sull’aver messo da parte il nazionalismo italico. Prima di tutto la salute. Da questo punto di vista noi italiani forse siamo tra i più global, cosmopoliti al mondo.
Di passi indietro ne facciamo proprio tanti su altri argomenti. Dal global passiamo con una certa facilità all’Italy più che spinto, che diventa poi di borgata, casareccio. Siamo fatti così. E, allora, per esempio, la “qualità” di certi prodotti agro-alimentari l’abbiamo solo noi. Gli altri non esistono. E, invece, esistono eccome, e mentre noi ripetiamo il solito ritornello dei “più bravi, più belli, più buoni”, gli altri, i nostri concorrenti, piano piano, lo diventano e… ci superano.
Le eredità ti cadono dal cielo senza che tu abbia fatto un granché per meritarle. A volte proprio non le meriti e fai di tutto per dilapidarle. E’ il caso del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Il mondo ce lo invidia, ma noi non riusciamo a valorizzarlo come dovremmo, anche per il tornaconto economico che ci potrebbe essere. Di esempi ce ne sono tanti. Uno per tutti: Pompei. Ogni giorno negli scavi unici al mondo arrivano, più o meno, diecimila visitatori: quasi quanti erano i suoi abitanti all’epoca della distruzione. Questi provano a visitare i sessantacinque ettari di beni archeologici a cielo aperto, patrimonio dell’umanità, non senza difficoltà. L’immagine che resterà impressa nella loro mente è d’immensa bellezza, unita a sciatteria purtroppo. Certo, le cose sono migliorate ultimamente.
Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, si è dato da fare non poco per rilanciare gli scavi. “Il più straordinario rudere classico al mondo” ha però bisogno di maggiore impegno per la messa in sicurezza e la catalogazione anche dei suoi “tesori nascosti”, ammassati nei depositi del Museo Nazionale di Napoli e della stessa Pompei. Ercolano, Oplonti, Stabiae, Pompei sono anche reali possibilità di lavoro per i tanti disoccupati che l’area registra. Un disegno strategico potrebbe affrontare la questione, anche per eliminare l’attuale fenomeno turistico del “mordi e fuggi”.
Dalla “salute”, alla “qualità” eppoi “agli scavi di Pompei”, un percorso che apparentemente non ha collegamenti. Il filo rosso, per chi scrive, c’è e porta agli avvenimenti degli ultimi giorni. Alle sentenze del Tar del Lazio che tante polemiche hanno suscitato. La sentenza più discussa, quella che riguarda Modena e Mantova, fa riferimento alla possibilità o meno di far diventare direttore di un grande museo italiano cittadini che “italiani non sono”. Per il ministro Franceschini: “Faremo subito appello al Consiglio di Stato. Sono preoccupato per la figura che l’Italia fa nel resto del mondo, e per le conseguenze pratiche perché da oggi alcuni musei sono senza direttore“. Di là dalle brutte figure o meno, resta il fatto che la voglia di cambiamento, di rilancio del nostro patrimonio culturale qualche superficialità l’ha fatta commettere agli addetti ai lavori. Nella legge che istituiva la selezione dei direttori, erano giustamente cancellati tanti vincoli, ma ci si era dimenticati di una legge del 2001 che stabilisce la parità tra stranieri e italiani nel poter ambire a qualsiasi posto pubblico nel nostro Paese, sempre che questo non sia in contrasto con “l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri”, “che attengono alla tutela dell’interesse nazionale”. Insomma, stranieri sì, ma fino ad un certo punto. “Più 13,6 per cento di visitatori e più 24 per cento di incassi nei primi mesi del 2016. E un miliardo di fondi in arrivo dallo Stato”, questi alcuni dati della riforma Franceschini. Molti però contestano il ministro. Lo accusano di voler trasformare i musei, le gallerie in supermarket. Se l’obiettivo ministeriale è quello di “aprire” a quanti più visitatori possibili i musei e le gallerie, per diffondere la cultura, ben venga. Senza improvvisazioni però, puntando al meglio che c’è nel mondo per la loro gestione e soprattutto conservazione, in un quadro organico di revisione della normativa. A prova di Tar, insomma.
Elia Fiorillo