Sul Vesuvio che va a fuoco è partita la giostra. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha annunciato l’arresto di un primo criminale e che già da stasera arriva l’Esercito. Militari-jolly utilizzati un po’ qua e un po’ là nella Penisola quando le cose si mettono male. Il compito sarà di “prevenire”. Imperdibile l’intervento dell’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, che ha addirittura “la certezza che la condanna di Dio è già in atto, pesa sulla coscienza di chi, ritenendo di agire impunemente, ha voluto ‘uccidere’ l’ambiente, si è messo fuori dalla grazia di Dio ed è in peccato mortale”.
Il fronte laico
Tornando sul fronte laico fa poi da portavoce dello “Stato” Gioacchino Alfano, sottosegretario alla Difesa nostrano che afferma di aver parlato con il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e che “la situazione sul Vesuvio è complicata ma si sta facendo il massimo per evitare ulteriori problemi. Lo Stato c’è, lo sforzo è massimo”. E noi che a vedere l’inferno in terra ci siamo preoccupati. Tsk.
Basta una telefonata
C’è la conferenza dei capigruppo del consiglio regionale della Campania che ha votato all’unanimità la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza. Ovvero, tutti i capigruppo hanno chiesto di convocare una conferenza durante la quale hanno chiesto al governatore Vincenzo De Luca di chiedere al Governo nazionale la dichiarazione dello stato di emergenza. Bastavano un paio di telefonate, ma, sai, gli atti ufficiali, la politica, la burocrazia. E poi De Luca mica lo sapeva da sé che stava bruciando l’intera Campania?
“Dov’è quando serve?”
Ci sono i politici del centrodestra che attaccano il centrosinistra al Governo regionale e nazionale. “Dov’è la filiera istituzionale quando serve?”, dice Gianpiero Zinzi di Forza Italia, presidente della Commissione speciale Terra dei Fuochi, bonifiche, ecomafie. Sempre Fi, ma stavolta i parlamentari campani parlano di “grave sottovalutazione degli incendi”, di ritardi della Regione e di una “complessiva disorganizzazione in Campania”.
C. difende C.
A questo punto c’è Casillo che difende Casillo. “Il lavoro portato avanti da Casillo”, dice Casillo, “deve proseguire e avrà tutto il nostro sostegno”. Uno, Mario, è capogruppo del Partito Democratico alla Regione; l’altro, Agostino, è presidente dell’Ente Parco del Vesuvio. La nomina del secondo è stata sponsorizzata dal primo, che risponde a Fi parlando di sciacallaggio politico e sparando proprio altissimo: “Questo (quello dei piromani o quello politico?) è un attacco non solo al Vesuvio, ma anche all’azione che Regione e Governo stanno portando avanti per trasformare i parchi da luogo di conservazione a motori per il rilancio”.
Il valzer del Vesuvio che brucia
È un valzer e farebbe pure ridere se non fosse che da ridere, ovviamente, non c’è proprio nulla. La consigliera del Pd Loredana Raia, infatti, fa sapere che “le zone interessate dalle operazioni (di spegnimento, messa in sicurezza, ecc.) sono Torre del Greco, Ercolano, Terzigno e Ottaviano. Una task force ha ripreso i lavori dalle prime luci dell’alba. Attualmente sono attivi 3 Canadair e 5 elicotteri, oltre a 650 operatori coinvolti nello spegnimento da terra tra Sma Campania, Protezione Civile regionale, Vigili del Fuoco e volontari Aib (Attacco incendio boschivo). Si sta lavorando per mettere in sicurezza Cava Sari di Terzigno”.
“Un’organizzazione criminale complessa e ben organizzata”
Già, Cava Sari: avevamo quasi dimenticato che il Vesuvio è disseminato di altri orrori. Tutti, intanto, più o meno concordano sul fatto che ad appiccare gli incendi siano stati criminali senza scrupoli (questa mattina qualcuno ipotizzava una ritorsione per la “durissima” lotta all’abusivimo). Interessante come non mai la nota di Massimiliano Manfredi, deputato Pd e membro della Commissione Antimafia: “Ci troviamo di fronte ad un’organizzazione criminale complessa e ben organizzata, queste due foto fatte dall’alto dai corpi speciali dimostrano come nel caso degli incendi del Parco del Vesuvio sia stato fatto un lavoro scientifico che richiede impegno e coordinamento di non poche persone. Gli inneschi vengono messi agli estremi e nel mezzo di questo arco virtuale al centro di cui c’è il Parco del Vesuvio. Questo vuol dire che per spegnere il fuoco bisogna raggiungere i due estremi dall’esterno che stanno agli antipodi, il centro impedisce il collegamento e a sua volta deve essere aggredito da destra e sinistra. Che vuol dire? Che servono almeno il doppio. se non il triplo di mezzi e uomini ed il doppio del tempo”. Continua così, Max.
“Barricati in casa”
Di mezzo ci sono i Comuni che si prodigano con ordinanze ad hoc e con richiami alle autorità regionali e nazionali affinché il fuoco venga allontanato dai paesi vesuviani. Ci sono i cittadini che soffrono, che vengano evacuati e che devono barricarsi in casa. “Buonasera. – ci scrive Domenico via Facebook – Volevo segnalare che da una mezzoretta anche ad Ercolano (dove vivo) centro abitato l’aria è diventata irrespirabile. Siamo barricati in casa”. L’emergenza è tutt’altro che terminata. Il Vesuvio che brucia è perdita di vita, di salute, di quotidianità, di lavoro: “Federalberghi Costa del Vesuvio è vicina non solo ai suoi associati, ma anche a tutti i titolari di strutture ricettive che in queste ore stanno subendo incalcolabili danni. Solo una settimana fa percorrevamo i sentieri del Vesuvio sognando la realizzazione di un’Ippovia ed oggi, invece, dobbiamo contare i danni di un disastro ambientale senza precedenti”.
“Fate presto”, urla Legambiente
“Siccità storica e temperature altissime hanno trasformato la pineta resinosa e il sottobosco del Parco del Vesuvio in una vera e propria torcia da innescare”, spiega Claudio d’Esposito, presidente del Wwf Terre del Tirreno. “Fate presto” è invece l’urlo di Legambiente: “È chiaro che siamo davanti ad un’emergenza nazionale che richiama alla responsabilità intera filiera politica e istituzionale del nostro Paese. Fate presto, gridiamo. Un grido che diventa ancora più forte se dopo 24 ore le fiamme e il fumo continuano ad avvolgere senza sosta il vulcano più famoso del mondo. Fate presto perché ora è il momento di una mobilitazione civile da parte di tutte le istituzioni, è necessario un fronte di civiltà comune perché siamo davanti ad una mattanza ambientale dalle enormi proporzioni i cui danni sono incalcolabili e inestimabile”.
Quelli che si fanno un mazzo così
Ci risparmiamo attori e cantanti che sentimentalizzano, per dare ampio spazio a quelli che gli incendi li devono sconfiggere, che si fanno un mazzo così e che sono ostaggio della burocrazia e della politica. Gli esperti piloti dei Canadair della protezione civile, i caschi rossi con le autobotti e con qualunque altra cosa a loro disposizione. “Siamo in pochi, con automezzi vecchi e inadatti ad affrontare questa mole di lavoro, i pompieri campani in questi giorni sono messi a dura prova. Siamo stremati”, così scriveva il sindacato Conapo dei vigili del fuoco. Ma non questo pomeriggio. Il 6 luglio.
“Siamo stremati”
“In seguito alla soppressione del Corpo Forestale dello Stato – spiegava il sindacato – sono aumentate le competenze dei Vigili del Fuoco senza un correlato aumento di organico e di risorse, la lotta contro gli incendi di quest’annata eccezionale costringe il nostro personale operativo ad un quotidiano sforzo disumano, lasciato a volte sugli incendi per intere giornate senza viveri e senza acqua per mancanza di personale”. Cinque giorni prima dello scoppio della grande emergenza, i vigili del fuoco scrivevano di “richieste d’aiuto che non possono essere evase tempestivamente”, di una convenzione per il potenziamento dei servizi antincendio boschivo con la Regione che tarda ad arrivare, di 3500 vigili che mancano dagli organici.
“Ognuno faccia la sua parte”
“Ognuno faccia la sua parte, – diceva il Conapo – il ministro Minniti assuma i 3500 vigili del fuoco che mancano dagli organici e la Regione Campania attivi con urgenza la convenzione per il potenziamento dei servizi antincendio boschivo, non si può pensare di affrontare un emergenza con le risorse ordinarie e se non sono disponibili risorse straordinarie si dichiari lo stato di emergenza della Campania”. Troppo tardi, la puzza del fumo è già arrivata.
Storie di folli giovani imprenditori di terre bruciate
È il 12 luglio e vorremmo scrivere di sagre e di eccellenze enogastronomiche. Come quella di cui tratta una mail che si era persa nel valzer di queste ore. L’oggetto era Vesuvio e me la sono ritrovata davanti. Una ditta ha inventato la fusione in barattolo tra il pomodorino del Vesuvio, il piennolo, e l’olio extravergine d’oliva del Cilento. Un’azienda fondata da “giovani imprenditori campani che, provenienti da significative esperienze nel campo del food, hanno deciso di investire il loro know-how nella produzione di prodotti di eccellenza realizzati con ingredienti derivanti dalle loro terre di origine”. Il barattolo viene confezionato nientemeno che in un piccolo laboratorio artigianale ubicato in un bellissimo borgo cilentano e ognuno di essi viene minuziosamente controllato.
L’oro rosso
Mi è tornato in mente che qualche settimana fa, nel corso di un convegno, un rappresentante di Slow Food parlava degli sforzi fatti dai produttori per recuperare uno dei pomodori più apprezzati al mondo. Questi folli giovani imprenditori lo hanno addirittura unito all’olio cilentano. Lavoro, passione, tradizioni, sapori, eccellenze di territori bruciati. Sì, oltre al Vesuvio anche il Cilento sta andando a fuoco. Ed è lo stesso, immenso, valzer.
Francesco Ferrigno