Dopo tre giorni è tornato il Vesuvio. Era sparito in una mattinata assolata e azzurra, ingoiato da un fumo denso che a poco a poco aveva oscurato il cielo. Un saggio vecchietto aveva esclamato alla moglie: “Giovanna, sta cambiando il tempo. Dal Vesuvio si vedono dei nuvoloni”.
Purtroppo non era un temporale. Avesse voluto il cielo!
Purtroppo era lo scempio che ci è toccato raccontare per tre giorni. Lo scempio cominciato ancora giorni prima. Il fuoco, inarrestabile, famelico aveva sfregiato e continuava, sempre più aggressivo e dirompente, a bruciare ettari di bosco e a minacciare le cittadine ai piedi del vulcano più famoso al mondo.
Oggi finalmente il nostro Vesuvio ha cominciato, lentamente, a mostrarsi. Il fuoco è stato, quasi definitivamente, sedato e il fumo, bianco, grigio a tratti scuro, sempre denso, si è diradato.
Il caso, il dolo, l’incuria? Quale la causa dello spaventoso incendio che ha colpito e distrutto quasi tutta la “montagna”? Tante le teorie che in questi giorni vanno accavallandosi. Nei bar, nei salotti, in televisione, sui giornali si continuano a snocciolare teorie ed ipotesi, molta dietrologia e tanta rabbia. Due anni, due terrificanti incendi. Lo scorso luglio ad essere aggredita fu la pineta a monte di Terzigno. Le foto della lunga scia di fumo che avvolgeva il vulcano fecero il giro del mondo. Oggi, e non pensavamo potesse accadere qualcosa di ancor più grave, invece è successo.
La verità forse sta a cavallo di tutte queste mancanze. Il caso, il dolo, l’incuria. Ma anche, magari, la malapolitica, la mala gestione dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio; e ancora criminalità, interessi trasversali senza poi dimenticare l’ignoranza che distrugge la propria terra e ponendosi al soldo delle più svariare commistioni tra politica, malaffare ed interessi economici.
Forse vestire di “emergenza” anche la questione “incendi al Vesuvio” potrebbe produrre una diversa gestione dell’intera area. Forse impegnare, e magari scialacquare, per una situazione di “emergenza” ingenti fondi, da ricercare sempre nelle nostre tasche, potrebbe risultare un ghiotto affare, lasciando le mani più libere per gestire a politici senza scrupoli e ad amministratori incapaci e sciacalli.
Forse è proprio come diceva il buon Luciano De Crescenzo in Così parlò Bellavista: “…per non subire avresti bisogno di uno Stato più efficiente, hai capito. Però, che t’aggia dì, il nostro Stato nun c’à fa!”
E così ad avere il sopravvento è “…lo Stato di barbari, l’esercito di invasori usciti dalle fogne”, tanto per citare ancora De Cresenzo.
Uno Stato che non ce la fa o che non vuole farcela, poco cambia. Uno Stato che continua a parlare di sviluppo, turismo, territori. Uno Stato che istituisce Parchi Nazionali, Comunità Montane, aree protette ma poi non riesce a garantirne la sicurezza, l’efficienza e la piena fruibilità. Uno stato che inventa “emergenze” per affrontare situazioni che non dovrebbero per niente concretizzarsi. Per preservare il nostro patrimonio, almeno sulla carta, dovrebbero bastare i controlli, le risorse umane ed economiche già in campo. Nei fatti tutto va sempre più a rotoli. Risorse sperperate per tenere in piedi inutili carrozzoni e fondi carenti per investire in sicurezza e sorveglianza dei nostri tesori naturalistici, paesaggistici ed ambientali.
Intanto, hai voglia a parlare, il fuoco ha distrutto il Vesuvio e lo ha fatto con una precisione matematica. Troppi i fronti del fuoco intorno al vulcano. Troppi quelli che dalla sera alla mattina riprendevano vigore.
Ma che possiamo fare, il nostro Stato nun c’à fa, forse.
Gennaro Cirillo