La tematica Libia è parecchio delicata soprattutto in tempi di pre-campagna elettorale. Addossare a l’uno o all’altro schieramento politico dell’epoca la responsabilità della messa fuori gioco di Ghedaffi equivale ad individuare il responsabile dei disastri attuali dell’emigrazione proveniente da quel Paese. Ecco perché quando Napolitano parla di Libia gli occhi e le orecchie dei leader dei partiti si spalancano. Ghedaffi all’epoca, al di là dell’esecrabile dittatura, era il cemento che legava un popolo ed evitava quel frazionismo esasperato che oggi tutti vediamo. E che spinge migliaia di esseri umani ad abbandonare le proprie terre per viaggi della speranza che troppo spesso si concludono con la morte. No, nessun elogio del dittatore libico, ma una riflessione sui danni che una politica superficiale – o interessata a fini d’interessi economici – può portare.
La voglia dell’allora presidente francese Sarkozy di liberare la Libia da Gheddafi era tutta ideale o dietro c’era qualche interesse – petrolifero – inconfessabile? Per Giorgio Napolitano: “Non interessa ora indagare sui motivi che spinsero Sarkozy a iniziare in tal modo l’attacco alla Libia. Quella iniziativa intempestiva ed anomala fu superata da altri sviluppi”. Le due risoluzioni ONU verso il colonello Gheddafi per far cessare le violenze contro i suoi oppositori che s’ispiravano alla cosiddetta “primavera araba”.
Certo, l’intervento armato, l’imposizione della democrazia, eppoi? Proprio niente. Un dietrofront che la dice lunga sulla superficialità con cui tutti i paesi aderenti all’ONU si comportarono successivamente alle bombe ed alla “liberazione” della Libia. Lo dice in modo chiaro nella sua intervista “Re Giorgio”, come veniva chiamato Napolitano ai tempi della sua presidenza per il decisionismo della sua azione al di là della moral suescion. “L’errore veramente grave fu non dare, in quanto comunita’ internazionale, nessun contributo politico, di institution building, economico alla conduzione dell’operazione militare. Ci fu un quasi tirarsi fuori, e fu ciò che provocò il caos degli anni successivi”. Caos che continua senza che la comunità internazionale si decida ad intervenire con anni di ritardo.
Sicuramente è più facile spararle grosse, senza “ragionare” e provare a cercare le ragioni per cui certe vicende sono avvenute. Ipotizzando, ovviamente, dei rimedi praticabili e non populisti-elettorali.
Elia Fiorillo