Scuola, docenti in rivolta: martedì manifestazione all’Ufficio Scolastico di Napoli

A far scaturire la rabbia degli insegnanti sono stati lo scarso numero di trasferimenti avvenuti dalle altre regioni e le sole 20 cattedre provvisoriamente assegnate alla Scuola dell'Infanzia di Napoli e provincia a fronte delle centinaia e centinaia di richiedenti. Nelle stesse condizioni migliaia di docenti da tutto il Mezzogiorno, condannati, anche quest’anno, alla migrazione verso il nord.

Si prospetta un martedì caldo per l’Ufficio Scolastico Regionale campano. I docenti della scuola di ogni ordine e grado si sono dati appuntamento per il 22 mattina davanti alla sede partenopea del Miur. A far scaturire la rabbia degli insegnanti sono stati lo scarso numero di trasferimenti avvenuti dalle altre regioni e le sole 20 cattedre provvisoriamente assegnate alla Scuola dell’Infanzia di Napoli e provincia a fronte delle centinaia e centinaia di richiedenti. Nelle stesse condizioni migliaia di docenti da tutto il Mezzogiorno, condannati, anche quest’anno, alla migrazione verso il nord.

L’Unione dei Docenti Napoletani Immobilizzati, questo il nome del gruppo Facebook formato da colleghi di quelle che erano le fasi 0, a, b e c e di chi, ancor prima del 2015 aveva fatto domanda di trasferimento, che insieme manifesteranno a via Ponte della Maddalena, chiede l’assegnazione provvisoria dei posti in deroga sul sostegno, come è già accaduto l’anno scorso.

«I docenti iscritti nelle diverse graduatorie che hanno aderito al Piano nazionale di assunzioni solo ed esclusivamente perché nelle loro regioni (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia) – si legge nel documento inviato al provveditore per la Provincia di Napoli, Luisa Franzese – i posti disponibili per le assunzioni si sono dimostrati un numero troppo esiguo per consentirne l’immissione in ruolo».

Con l’ordinanza n. 848 del 27/03/2017, il Tar di Reggio Emilia, ha accolto il ricorso presentato da una docente di Cutro, titolare di cattedra in Emilia, che aveva richiesto di essere assegnata ad una scuola della provincia di Crotone per far valere il proprio diritto al ricongiungimento familiare.

Tale diritto le era stato negato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che si è opposto all’accoglimento del ricorso. Il Tribunale, invece, ha dato ragione alla docente, ordinando al dicastero di assegnarla ad una scuola ubicata nell’ambito provinciale di Crotone.

Per quei posti non potevano essere nominati i supplenti collocati nelle graduatorie ad esaurimento e d’istituto, poiché avevano priorità i docenti di ruolo richiedenti l’assegnazione provvisoria.

«La necessità di poter garantire una stabilità economica alla propria famiglia, ricordiamo, sempre più problematica nelle regioni del sud, oltre al fatto di poter svolgere con passione il proprio lavoro, ha spinto tali docenti ad accettare proposte di assunzioni al centro-nord. Chiediamo – continua la nota – che l’applicazione della flessibilità del lavoro propostaci con le nostre assunzioni, non ci chieda di rinunciare a vivere dignitosamente».

Il bisogno di trasferirsi è dovuto ai tagli effettuati negli ultimi anni dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, non dalle necessità scolastiche. Nelle aree più difficili e degradate a causa della mancanza di personale non si effettua il tempo pieno, nemmeno nella Scuola dell’Infanzia, rendendo impossibile raggiungere le 40 ore settimanali previste.

Con la legge 107 del 2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, la mobilità è diventata una roulette russa. Un’ambigua divisione in fasi, la mancanza di un criterio chiaro e meritocratico che stabilisca chi deve ottenere l’agognato trasferimento, hanno posto le basi per una vera e propria deportazione di migliaia di meridionali nelle scuole del nord Italia.

Non solo. Pare non ci sia omogeneità nemmeno rispetto ai criteri utilizzati dai diversi Uffici Scolastici. Dunque, potrebbe succedere – com’è successo – che un soggetto si accaparri il trasferimento vicino casa perché l’USP di una certa regione abbia conteggiato il punteggio ottenuto durante il servizio nella scuola paritaria, mentre un altro docente che richieda lo spostamento da tal’altra regione non lo ottenga per la mancata considerazione da parte dell’ufficio di riferimento degli anni di insegnamento presso privati.

Oltre al danno anche la beffa. Il finanziamento alle scuole private è sempre stato terreno di scontro tra partiti e sindacati – che alla fine scendono sempre a patti con la politica sulla pelle dei precari. Nonostante la Costituzione prescriva la facoltà di «istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato», negli ultimi anni i fondi alla privata sono aumentati, in controtendenza rispetto a quelli per la scuola pubblica.

I docenti, quindi, lavorano per i privati che ricevono soldi dallo Stato, ma ai fini della mobilità, il punteggio cumulato presso di loro non conta.

Gli “immobilizzati”, oltre a chiedere di ricoprire, in via momentanea, i posti in deroga sul sostegno, propongono «la possibilità di ricoprire i posti di sostegno attraverso anche un contemporaneo percorso formativo istituzionale; possibilità di rafforzare e, quindi, di svolgere attività didattiche sul potenziamento; favorire il trasferimento in deroga alle percentuali da destinare alle graduatorie ed ai concorsi da avviare; priorità per le assegnazioni provvisorie a partire dall’anno scolastico 2017/2018 anche su spezzoni di cattedra;

tempo pieno sia alla Scuola dell’ Infanzia che alla Scuola Primaria; applicazione di una delle deleghe della legge 107 per la promozione dell’arte alle scuole della provincia; economia aziendale e diritto in tutti gli istituti di scuola superiore; stop alle classi pollaio e piena attuazione della delega che sancisce il limite massimo di 20 alunni per ogni sezione classe; potenziamento, finora sempre negato, alla Scuola dell’Infanzia».

Roberta Miele

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